L'occasione per progettare ​le città «eco» del futuro

di Marco Salvatore
Sabato 19 Giugno 2021, 00:00
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La pandemia ha fatto emergere alcune questioni prioritarie che, assieme a processi già in essere da tempo, interessano il governo e le trasformazioni delle nostre città: i cambiamenti climatici, le nuove tecnologie, l’emergenza sanitaria e ancora la crisi economica e il disagio sociale soprattutto nei giovani e nelle periferie. Sono questioni che non è più possibile rimandare.

Alla luce dell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, le cui linee guida si concentrano sulla transizione ecologica e digitale, e «Il Sabato delle Idee» promuove per stamane alle ore 10 un secondo webinar sul tema dopo quello dello scorso aprile con la scuola di formazione politica per giovani «PolìMiNa». L’intento è aprire alcune riflessioni fino ad avanzare proposte concrete per le città italiane e in particolare per le realtà di Napoli e della Campania. Come nello stile del «Sabato delle Idee», queste proposte nascono dall’incontro di più personalità nel segno di quella cooperazione che superi l’individualismo da sempre freno per lo sviluppo del Mezzogiorno.

L’obiettivo, ora, è guardare a città che siano sempre più tecnologiche, ecologiche e inclusive, attrezzate con tutti gli strumenti necessari per affrontare le sfide dell’immediato futuro e per essere competitive e attrattive nei campi del lavoro, del turismo, dell’innovazione, dell’accoglienza e della qualità della vita. Per Napoli sono prioritari la fragilità idrogeologica e dei sottoservizi, il ciclo dei rifiuti, il traffico e la mobilità sostenibili, la manutenzione del verde e il restyling degli edifici pubblici e privati in favore delle energie rinnovabili e del rifacimento delle facciate anche per la sicurezza dei cittadini - si pensi al cosiddetto fenomeno dei «cornicioni killer» - nonché per lo stesso decoro urbano.

Se la transizione digitale spinge verso un’economia sempre più immateriale con un ripensamento anche degli spazi urbani abitativi e di lavoro e delle reti infrastrutturali, la rigenerazione urbana - pur sempre nell’ottica del minor consumo di suolo, della riqualificazione del preesistente e della tutela del patrimonio - deve aver una visione metropolitana.

È un’azione, questa, da accompagnare a una «ricucitura» del centro con le periferie, dove maggiormente si avverte il disagio della popolazione - soprattutto quella giovanile - accentuato dalla crisi innescata dalla pandemia.

La Dad ha portato a un aumento della dispersione scolastica, fonte di devianza e di reclutamento da parte della criminalità organizzata: un fenomeno in crescita, al punto che in un vertice in Prefettura è stata chiesta una maggiore sinergia da parte di tutte le istituzioni. Nelle periferie si scontano ancora troppo la carenza, il degrado e i disservizi di strutture per lo sport o per lo studio e la socialità come le biblioteche. A Ponticelli e nell’area Est, la quota dei cosiddetti «neet» (giovani tra i 15 e i 29 che non studiano e non cercano occupazione) sfiora il 30 per cento ed è tre volte superiore a quella del Vomero.

Tali temi devono trovare centralità con politiche sociali adeguate e con tutte le altre azioni possibili da parte dei sindaci e degli altri livelli istituzionali. L’Apple Academy e la sede della Federico II a San Giovanni a Teduccio rappresentano un esempio di prospettive di rinascita per le nostre periferie. I cinque atenei e i centri di ricerca a Napoli e provincia sono infatti uno di quei valori aggiunti, assieme alla risorsa mare e alla valorizzazione del patrimonio storico e culturale - su cui puntare per far riprendere l’economia depressa del territorio, dove il Pil pro-capite è di circa 15 mila euro contro i 26 mila della media nazionale e i 47 mila di Milano. I fondi del Recovery Plan, da soli, non basteranno. Oltre alla capacità di produrre idee di rinnovamento, servirà la capacità di attuare progetti concreti e con un cronoprogramma certo, anche a fronte di una situazione delle finanze comunali in profondo rosso. Serviranno, insomma, una «politica del fare» all’insegna delle competenze e del superamento dell’individualismo in favore di una collaborazione a più livelli.

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