C’è tutto Francesco, e quasi la “summa” del suo pontificato, in questo impegnativo viaggio in Africa che inizia oggi da Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, per proseguire poi nel Sud Sudan; e che non somiglia a nessun altro, anche tra quelli già compiuti nel continente nero. Sarà intanto il pellegrinaggio n. 40 in assoluto.
Ed è una tappa di “recupero” dopo il rinvio, nel luglio scorso, dovuto ai problemi al ginocchio e alla necessità, in quel momento, di non interrompere le terapie. Toccò al cardinale Parolin, segretario di Stato, rispettare il programma, aprendo di fatto la strada al papa e rendendo ancora più singolare questa doppia visita che si svolge, in realtà, su due fronti ben distinti.
L’ultimo tratto, quello in Sud Sudan, nel più giovane dei paesi al mondo dopo la dichiarazione di indipendenza del 2011, sarà caratterizzato da un profilo ecumenico mai così accentuato. Saranno a fianco al papa, in ogni momento della visita, il primate anglicano Justin Welby e il moderatore dell’assemblea generale della chiesa di Scozia, Ian Greenshield, associati anche, sull’aereo del ritorno, a un’inedita conferenza-stampa congiunta con i giornalisti al seguito.
Uno dopo l’altro, si tratta di motivi più che sufficienti per rendere unico questo ritorno in Africa: tanto per cominciare c’è, appunto, la ripresa dei viaggi e la messa in angolo dei problemi del ginocchio, che persistono, ma che verranno sempre più trattati, oltre che con le terapie, con il ricorso alla sedia a rotelle e l’ausilio di ascensori quando si tratterà di raggiungere gli altari per le celebrazioni all’aperto. Nella grande spianata dell’aeroporto di Kinshasa-Ndolo si annuncia già per domani una celebrazione-evento con circa un milione e mezzo di persone. Sarà questo il modo per puntare i riflettori, con l’eloquenza dei grandi numeri, sui conflitti dimenticati che, pur nell’incessante predicazione di pace per l’Ucraina, Francesco non ha mai mancato di richiamare. In Africa le “guerre dimenticate” continuano a proliferare. In particolare, nel Congo, ex Zaire, il ricorso alle armi è come un’inguaribile pandemia che dilapida le enormi risorse dell’estesissimo paese. Dopo l’ultimo, sanguinoso attacco a una chiesa pentecostale di Kasindi, non lontano da Kinshasa, è stato calcolato che sono almeno un centinaio i gruppi di guerriglia ancora all’opera e che rendono drammatica la situazione di tutta la parte orientale. È proprio questa l’area al centro delle preoccupazioni per un viaggio che, quanto a rischi ambientali, ricorda quello in Centrafrica, a Bangui, dove il papa aprì la prima porta del Giubileo straordinario della Misercordia. Un pellegrinaggio, allora, “sconsigliato” fino all’ultimo, ma affrontato dal papa con uno spirito - (“ho paura solo delle zanzare”, disse sull’aereo) - che ha smorzato sul nascere anche l’apprensione per questa vigilia. È rimasta tuttavia una variazione al programma, con la definitiva e forzata cancellazione della tappa nel nord Kiwu, dove fu teso il mortale agguato all’ambasciatore italiano Luca Attanasio. A Juba, in Sud Sudan, dove gli accordi di pace che portarono alla nascita del nuovo Stato hanno avuto breve durata, sarà difficile non rievocare uno degli atti più clamorosi del pontificato, con Francesco inginocchiato, a Santa Marta, davanti alla delegazione dei politici sudanesi guidata dal presidente Salva Kiir , tuttora in carica in un paese in cui la Chiesa ha vissuto e vive dall’interno un clima di esasperata violenza, subendo le più atroci conseguenze. Dopo l’assassinio di due suore della congregazione comboniana, nell’agosto scorso, ha destato raccapriccio il mortale attentato al vescovo di Rumbek, l’italiano Christian Carlassare. E’ ormai accertato che a uccidere il vescovo sia stato un prete della diocesi in cui era stato appena nominato. Un orribile segno di come la diffusione delle armi e la violenza siano virus che permeano a fondo la società sudanese fino a diffondersi nel vivo della stessa realtà ecclesiale.
Pace ed ecumenismo sono certamente le due linee-guida del viaggio inaugurale nel nuovo anno. Al cospetto con la realtà africana viene in qualche modo riprodotto, ed esteso su un territorio enormemente più vasto, il dramma che la chiesa vive oggi nel cuore dell’Europa dove il conflitto armato si svolge tra popoli dalla stessa fede cristiana. Ma l’aspetto ecumenico che in Ucraina, attraverso le divisioni interne alla chiesa ortodossa, è al centro di tensioni, in questo viaggio in Africa rafforza invece le speranze per una via alla pace che coinvolge a fondo la cooperazione tra le chiese cristiane. Questa sorta di pellegrinaggio condiviso con i esponenti di primo piano del protestantesimo, va visto come un segno estremo degli sforzi pastorali di un Papa che non si rassegna alla follia dei conflitti armati, dovunque avvengano.
Un passo, a suo modo, non meno eloquente dell’inchino e del bacio ai piedi, agli esponenti sudanesi, di Francesco che implorava pace durante il “ritiro spirituale” a Santa Marta.
Come il dramma ucraino continua a insegnare, per la pace è tempo di appelli straordinari, di modalità che si spingano oltre, fino a trovare lo spiraglio giusto per infrangere barriere che appaiono invalicabili. L’Africa è il podio più eloquente dal quale parlare non solo di pace, ma dei suoi innumerevoli nemici, a partire dal commercio delle armi, dal peso della corruzione e da forme di un colonialismo economico e culturale non meno aggressivo e feroce di quello a suo tempo imposto “manu” militare. E lo sfruttamento di uomini e risorse è poi il tratto fondamentale che delinea un panorama di rovine segnato, nelle diverse aree, da fame e malnutrizione, siccità ed epidemie di ogni genere. L’Africa, come si è visto anche per Giovanni Paolo II (35 anni fa la sua prima visita nel Congo) e Benedetto XVI, non può stare a lungo lontano dal cuore del pontificato; e di un pontificato come quello di Francesco. Per altri versi, si può anche aggiungere che intraprendendo un viaggio come questo, papa Bergoglio allontana di molto, anzi azzera, le ventilate possibilità di rinuncia. Dall’Africa viene naturale guardare lontano.
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