L'Africa, l'Ue e le strategie ​da cambiare

di Tullio D'Aponte
Mercoledì 8 Febbraio 2023, 00:00
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Il viaggio in Africa del Santo Padre ha assunto una valenza che travalica la stessa dimensione pastorale. Innanzitutto, per il messaggio, del tutto esplicito, incentrato sul primato della condivisione interreligiosa, quale veicolo di solidarietà e di cultura di pace. Ma anche per il significato che la missione di Francesco ha avuto in un contesto geopolitico dominato dall’indifferenza degli attori internazionali per le condizioni di diffusa indigenza e malasanità che affligge la popolazione locale. La denuncia del grave disequilibrio tra il potenziale di risorse naturali e la relativa ricaduta, in termini di benessere diffuso, che ne deriva non può essere ulteriormente tollerata. 

Per troppo tempo l’intero Continente è stato sfruttato da un’economia di rapina che ha avuto a protagonista quel mondo avanzato che ha tratto vantaggi dall’appropriazione, a bassissimo costo, di risorse di base per il proprio sviluppo accelerato. Fenomeno tutt’altro che relegato ad un periodo storico ormai archiviato. Bensì, persino rinvigorito nella contemporaneità attraverso pratiche di compiacente acquiescenza nei confronti di poteri locali deboli e troppo spesso corrotti, espressione di fazioni in perdurante lotta armata per il controllo di quelle stesse utilità.

Così, il Congo, prima tappa del pellegrinaggio del Pontefice, nonostante sia tra i Paesi più ricchi del nostro pianeta, ospita una delle popolazioni più povere del mondo. Scenario in cui players internazionali, cinesi e turchi in prevalenza, realizzano, indisturbati, i propri affari, trattando con governi in perenne ricerca di assistenza militare e royalties erogate “sottobanco”. Nello stesso tempo, dalle regioni orientali del Paese, folte schiere finiscono per alimentare un’avventurosa direttrice migratoria verso il Mediterraneo, nel tentativo di approdare in Europa. 

Le violenze inflitte a popolazioni inermi da parte di armate improvvisate, auto proclamatesi” liberatrici”, rappresentano la diretta conseguenza di questa ricerca di un tornaconto immediato, promesso dal possesso di risorse preziose per l’industria tecnologica straniera. Ormai, non è più caucciù, e forse neppure petrolio, a interessare l’export. Mentre continuano a far gola oro e diamanti, e ancor più, uranio, cobalto, cotran, terre rane, oltre che rame, zinco, manganese, tungsteno e cadmio, sempre più indispensabili nei processi tecnologici.

L’attività mineraria si traduce in forme estrattive primordiali, a bassissimo costo, consentite dall’ampia disponibilità di una forza lavoro sottopagata, particolarmente abbondante nella componente minorile. 

Proprio per ciò, un drastico mutamento di scenario è assolutamente indispensabile. Ne è corale testimonianza la presenza dei tanti giovanissimi che gremendo lo stadio di Kinshasa hanno inteso il senso dell’immagine plastica della mano chiusa contrapposta alla mano aperta dal Sommo Pontefice, simbolo di unione e trasparenza, di una volontà di pacifica collaborazione per uno sviluppo coeso e duraturo. Segnale robusto che l’Europa deve cogliere, allargando lo sguardo sul Mediterraneo, penetrando all’interno del Continente africano per promuovervi politiche di sostegno allo sviluppo, in un contesto economico improntato a criteri di diffuso benessere sociale. In altri termini, l’esperienza che suggerisce il “viaggio” deve sollecitare l’Europa ad abbandonare ogni miope disattenzione verso quel grande Continente, per comprenderne l’ineludibile opzione geopolitica che costituisce, sia per valutazioni di ordine ambientale, sia per disponibilità di risorse minerarie, fonti indispensabili di interazioni economiche da sviluppare. Realizzando, tuttavia, un nuovo modello di aiuto allo sviluppo che favorisca attività di natura tecnologica “inhouse”, attraverso l’impiego di risorse locali nella produzione di energie innovative. In modo da combinare vantaggi “distributivi”, sia per quelle comunità, sia per le esigenze dell’economia europea. 

In definitiva, percorso virtuoso che proprio nella direzione del monito morale insito nel messaggio pontificio, rende premiale il ruolo dell’Ue all’interno di un nuovo modello di equo partenariato, attuato nella salvaguardia della dignità umana e nel rispetto delle fondamentali libertà individuali, secondo gli stessi principii fondamentali della costituzione europeistica, del tutto estranei a logiche di mera convenienza mercantile, troppo spesso origine e causa di malessere sociale.
 

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