Parigi, un anno dalle stragi: il mistero del ruolo di Salah

Parigi, un anno dalle stragi: il mistero del ruolo di Salah
di Francesca Pierantozzi
Sabato 12 Novembre 2016, 00:05 - Ultimo agg. 20:24
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PARIGI - Questa sera, i compagni d’università di Guillaume Le Dramp andranno a farsi una birra e a piangere insieme. Andranno al Café des Anges, dove si vedevano spesso. Il Café des Anges, come les Chics Types, un bistrot un po’ più a nord, e come la Belle Equipe, dieci minuti a piedi più giù, dove Guillaume è morto il 13 novembre: tutti luoghi della dolce vita di Parigi, quella della birra, del vino rosso, della fraternité, di un certo modo di stare insieme, della gioia di vivere un po’ boheme, quella in cui i camerieri sono amici dei clienti e i clienti magari diventano gestori. Quella Parigi ha riaperto, ha riaperto la Belle Equipe, come ha riaperto la Bonne Bière, il Petit Cambodge, il Carillon, la pizzeria Casa Nostra, il Comptoir Voltaire. Come riapre, stasera, il Bataclan. E allo Stade de France continuano a giocarsi le partite, ci sono stati addirittura gli Europei. Eppure, un anno dopo i 130 morti e i 413 feriti, il bilancio più grave dalla seconda guerra mondiale, non tutto è tornato come prima, a Parigi.

MITRA E BORSE DELLA SPESA
Certo l’abitudine ha preso il sopravvento. E sulle rive del Canal Saint Martin i ragazzi continuano a ritrovarsi la sera. Ci si è abituati al dispositivo Vigipirate e alle ronde dei soldati in mimetica e mitra sui marciapiedi, a non urtare i fucili con le borse della spesa. Lo stato d’emergenza, decretato alla mezzanotte del 13 novembre, è ancora in vigore. E quelli che ne denunciano gli aspetti liberticidi si fanno sempre meno sentire. Nelle scuole, i bambini, anche quelli delle elementari, hanno già fatto le prime esercitazioni. Non più quelle antincendio, ma quelle contro il pericolo di un’intrusione armata: silenzio, finestre chiuse, banchi davanti alle porte. Gli adolescenti sono più refrattari. Difficile rispettare le consegne a 15 o 16 anni: non attardarsi a chiacchierare con i compagni, disperdersi subito fuori dalla scuola.

C’è voluto pochissimo anche ad abituarsi ad aprire borse e zaini davanti agli agenti della sicurezza: al supermercato, ai grandi magazzini, nei negozi, nei centri commerciali, è diventato un riflesso automatico. Eppure non tutto è come prima. Lo dicono anche le cifre del turismo. In un anno Parigi ha perduto circa due milioni di visitatori, il museo del Louvre ha registrato una diminuzione del 20 per cento di presenze. Per il Comitato regionale del turismo le perdite potrebbero arrivare a un miliardo e mezzo di euro. Un anno non è bastato nemmeno per capire tutto quello che è successo, chi ha ordinato di fare strage, cosa doveva davvero accadere. L’inchiesta è aperta e rischia di durare a lungo. In carcere a Fleury-Mérogis, l’unico superstite del commando, Salah Abdeslam, non parla. Ieri notizie in arrivo dal Belgio continuano a infittire il mistero sul suo vero ruolo. Il “basista” di Parigi, arrestato a Molenbeek il 18 marzo, sarebbe implicato anche nell’organizzazione degli attentati all’aeroporto e nella metro di Bruxelles del 22 marzo. Sarebbe stato lui a portare in Belgio non solo sei terroristi coinvolti nelle stragi del 13 novembre, ma anche quattro “combattenti” dell’Isis entrati in azione a Bruxelles.

SALE DA GIOCO
Secondo altri elementi raccolti dagli inquirenti, Salah avrebbe frequentato almeno cinque sale da gioco di Bruxelles tra il 16 e il 22 novembre, ovvero la settimana successiva ai massacri, mentre era il ricercato numero uno di tutte le polizie d’Europa. Inoltre, la sera del 13 novembre, quando non è chiaro se ha rifiutato di farsi saltare o qualcosa non ha funzionato nel suo gilet esplosivo, avrebbe dovuto recarsi in place de la République, così almeno è scritto nell’ultima indicazione registrata dal Gps della Clio nera, che ha poi lasciato ai piedi di Montmartre. Molti altri punti restano da chiarire. Il belga-marocchino identificato come il mandante di Parigi e Bruxelles non è di certo l’unica “mente” degli attentati. La polizia avrebbe una lista di “diversi nomi”, che arrivano fino “ai massimi livelli dell’Isis”. Una “cupola” che forse progettava una strage ancora più devastante di quanto accaduto a Parigi e Bruxelles. In un computer ritrovato a Schaerbeek qualche giorno dopo gli attentati del 22 marzo, il file “13 novembre” è composto da altri cinque file: i primi tre, “gruppo Omar” (soprannome di Abdelhamid Abaaoud, commando dei bar) “gruppo francesi” (Bataclan) e “gruppo iracheni” (Stade de France) sono quelli entrati in azione a Parigi, ma dove dovevano colpire gli altri due: “Schipol” (nome dell’aeroporto di Amsterdam) e “gruppo metro”?

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