Pensioni, la partita che guarda al futuro

di Paolo Balduzzi
Lunedì 5 Giugno 2023, 23:43 - Ultimo agg. 8 Giugno, 14:44
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Riapre il cantiere sulle pensioni. Se questa, nel nostro Paese, non è una grande novità, quello che stupisce è invece il momento in cui ciò accade. L’incontro del 30 maggio tra governo e sindacati ha seguito la netta affermazione del centrodestra alle Amministrative. Si trattava probabilmente dell’ultimo vero test prima delle Europee dell’anno prossimo, un appuntamento che, grazie a una legge elettorale quasi puramente proporzionale, da sempre permette ai partiti di misurarsi e quindi di ridisegnare i rapporti di forza. 

Basti pensare al 2014, quando proprio le elezioni europee certificarono il boom del Partito democratico di Renzi, che superò il 40%. Un risultato giustificato sia dalla buona stagione economica che stava attraversando il Paese sia da una certa politica di bonus che quel governo stava cominciando a imbandire, a partire dai celebri “80 euro”.

Per un partito oggi forte come Fratelli d’Italia e per il suo leader, Giorgia Meloni, la tentazione di ripercorrere lo stesso sentiero deve sicuramente essere molto forte. Tuttavia, proprio la riapertura del tavolo sulle pensioni, invece che quella più semplice dell’ennesima concessione elettorale, sembra una strategia piacevolmente coraggiosa. 

Le maggioranze che hanno toccato le pensioni sono sempre uscite a pezzi dalle elezioni successive. 

E solo i governi cosiddetti “tecnici” hanno realizzato interventi rilevanti (Amato, Dini, Monti). Oltre al momento, un’altra novità potrebbe riguardare anche il merito degli interventi. Cosa farà il governo è ancora un mistero. Tuttavia, almeno nelle dichiarazioni, i segnali sono incoraggianti. 

Gli obiettivi sembrano essere principalmente due: garantire la tenuta dei conti pubblici previdenziali e aumentare le pensioni dei più giovani. Sono misure con orizzonte temporale differente. Il primo è infatti questione di breve e medio periodo: complici sia le regole previdenziali generose in vigore fino al 2011 e la dinamica demografica del Paese, il sistema pensionistico oscilla sull’orlo di un baratro.

La riforma Fornero del 2011, accorciando la lunga fase di transizione della riforma Dini (1995), ha contribuito ad avvicinare l’equilibrio dei conti ma al contempo ha ovviamente creato parecchio malumore.

Il primo governo Conte e la maggioranza Lega-Movimento 5 Stelle hanno cavalcato questo malumore con “Quota 100” che ha rimesso il sistema previdenziale in una situazione critica dal punto di vista finanziario. 

Anticipare, invece che continuamente rimandare, l’entrata a regime del metodo di calcolo contributivo della riforma Dini è l’unica ricetta possibile perché, per costruzione, tale meccanismo eguaglia contributi versati dal singolo lavoratore con la pensione che percepirà. Senza regali e senza sconti. Per la legge dei grandi numeri, le spese eguaglieranno quindi le entrate. Ma il lato negativo del metodo contributivo è che risulta punitivo per chi ha carriere lavorative irregolari, come chi ha cominciato a lavorare dagli anni ’90 del secolo scorso in poi, e per la maggior parte delle donne.

È anche in questa seconda direzione quindi che deve agire il governo: tutelare queste categorie di lavoratori, la cui pensione sarà enormemente inferiore rispetto a quelle erogate oggi. Una sfida difficile e di lungo periodo. Che però si vince anche con la crescita economica: ogni piccolo passo avanti oggi si tramuterà in pensioni più elevate nel futuro. 

La partita delle pensioni si gioca quindi su diversi campi. Vincerla, per un governo, non significherebbe solo mettere ordine alle finanze pubbliche ma anche, e forse soprattutto, ricucire un conflitto generazionale di cui nessuno in Italia si è mai davvero occupato.

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