Perché la politica dei bonus ha il fiato corto

di Pietro Spirito
Martedì 4 Ottobre 2022, 23:45
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Le cancellerie europee sono di fronte al nodo delle politiche economiche necessarie per affrontare il rincaro delle materie prime energetiche. Imprese e famiglie dovranno sopportare altrimenti incrementi insostenibili di costi. Vanno subito assunte decisioni in grado di mettere in sicurezza un contesto sociale ed economico che manifesta già segnali pesanti di rallentamento. In assenza di meccanismi correttivi, la recessione sarà sbocco inevitabile. 

Scegliere la strada tra le opzioni possibili sarà decisivo per stabilire la postura che assumeranno le relazioni economiche nei prossimi anni. Sembra ancora prevalere un orientamento figlio del recente passato piuttosto che non un indirizzo derivante da una approfondita analisi sul tempo presente e sugli orizzonti futuri. 

La pandemia lascia in eredità alle politiche economiche un approccio risarcitorio. 

Si è diffusa a dismisura, durante il biennio della emergenza sanitaria, la pratica dei bonus, per consentire all’economia di stare in assetto di galleggiamento mentre la produzione ristagnava per i blocchi pandemici. Sono stati inventati bonus per tutte le evenienze: bonus edilizi, termali, fiscali, psicologici. Naturalmente non bastava questo approccio per uscire dalle secche della paralisi sanitaria.

Per chiudere la parentesi emergenziale dell’economia pandemica, l’Europa ha approvato un programma straordinario di investimenti e di riforme, il Next Generation EU. 

Ora, con la guerra in Ucraina e con la crisi dei prezzi energetici, assieme alle tensioni inflazionistiche, si sta applicando per ora lo stesso metodo di politica economica utilizzato durante la fase pandemica, senza un programma strutturale capace di rilanciare lo sviluppo economico messo in crisi dalle tensioni inflazionistiche e dalle convulsioni sul mercato delle materie prime energetiche. 

Vengono rilasciati di volta in volta provvedimenti che tendono ad attenuare l’impatto della bolletta energetica sulle famiglie e sulle imprese. Si è sterilizzato il prezzo della benzina alla pompa per un valore di 30 centesimi al litro, si sono adottati provvedimenti a favore delle imprese che operano nei settori energetici.

Un orientamento di tale natura non è stato seguito solo dall’Italia, ma anche dalla larga maggioranza dei Paesi europei. Gli interventi risarcitori, ex ante o ed post, caratterizzano i percorsi attuali di politica economica, e sono diventati quasi la stella polare delle scelte. 

Da ultimo questo è l’approccio seguito anche dalla Germania con una gigantesca misura straordinaria, consistente nello stanziamento di 200 miliardi di euro per alleviare l’impatto dei costi energetici su imprese e famiglie. Sta anche mancando quel coordinamento delle politiche tra gli Stati comunitari che aveva caratterizzato il biennio pandemico, con l’acquisto congiunto dei vaccini e con il varo di un consistente pacchetto di investimenti europei, andando anche assieme sul mercato per procurarsi la provvista necessaria di capitali. 

Ma può essere sostenibile in modo permanente una economia dei bonus? E questo registro di politica economica - soprattutto- può essere sostenibile per Stati come l’Italia, che registrano già imponenti stock di debito pubblico? Nel caso in cui l’orizzonte temporale fosse di breve periodo, si potrebbe anche proseguire lungo questo sentiero, in quanto si potrebbe poi rapidamente rimettere l’economia nel corretto e normale tracciato. 

Purtroppo non pare proprio che siamo nella condizione di scommettere sulla breve durata di questa nuova fase di instabilità.

In fondo, nel caso della crisi pandemica, l’approccio dell’economia dei bonus era proprio connesso anche alla ipotesi, rivelatasi poi corretta, che si sarebbe usciti dal punto di flesso negativo in tempi relativamente rapidi. 

Poiché invece la crisi dei prezzi energetici era iniziata già prima della guerra Ucraina, e la stessa guerra sembra non potersi concludere in tempi rapidi, è necessario invece superare lo schema dell’economia pandemica per tornare ad impiegare approcci di politica economica che abbandonino il sistema dei bonus e delle misure una tantum. 

È dunque altamente auspicabile, ed anche necessario, il ritorno alla ordinarietà mediante interventi strutturati di politica fiscale, politica dei redditi, regolamentazione dei mercati, analisi degli assetti proprietari. 
Entrano in campo in questo caso i confronti tra approcci divergenti di politica economica. Si potrà discutere sulle leve più opportune da attivare, ma resta il dato di fondo: l’economia risarcitoria non è applicabile in via permanente. Bisogna tornare agli strumenti ordinari.

È necessario riaprire una discussione sulle diverse modalità che si possono mettere in campo per superare l’approccio emergenziale dell’economia dei bonus. Vanno costruiti interventi di natura strutturale, che non possono riguardare solo il fronte della diversificazione sugli approvvigionamenti energetici, ovviamente indispensabili in ogni caso, ma che debbono investire anche le misure per rendere sostenibile il costo dell’energia per famiglie ed imprese. Non possiamo perdere questa occasione. Metteremmo in discussione la competitività e la sostenibilità della nostra economia. Anche il coordinamento delle politiche economiche comunitarie torna ad essere di drammatica centralità. Dopo la positiva prova del Next Generation EU, l’Unione Europea è chiamata ad una seconda prova di resilienza. 

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