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Così la pizza è napoletana ​o fuorilegge

di Luciano Pignataro
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 1 Dicembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. : 06:00
4 Minuti di Lettura

Il quinto anniversario del riconoscimento Unesco all’arte del Pizzaiuolo Napoletano comporta una novità prevedibile ma non prevista, con una prescrizione a partire dal prossimo 19 dicembre.

Solo le pizzerie che rispettano il disciplinare STG (Specialità Tradizionale Garantita) potranno chiamare il proprio prodotto Pizza Napoletana. Tutte le altre saranno solo generiche pizze. È questo l’incredibile scenario che si prospetta alla luce della pubblicazione avvenuta il 28 novembre scorso nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del Regolamento che riporta l’iscrizione della pizza napoletana nel registro delle Specialità Tradizionali Garantite con riserva del nome.

Ma andiamo con ordine. Anzitutto dobbiamo dire che il marchio europeo Stg è il più debole dei tre, la Denominazione di Origine Protetta e l’Indicazione Geografica Protetta, Dop e Igp insomma, legano il prodotto agroalimentare al territorio in maniera indissolubile. Ancora più restrittiva per i vini è la Docg, ossia la denominazione di Origine Garantita e Protetta. La Stg, che per un momento stava per essere abolita da Bruxelles, prevede invece solo la tutela relativa alle modalità di produzione. In poche parole una pizza per essere definita napoletana deve seguire certi parametri a Napoli come a Milano, a Parigi come in qualsiasi paese dell’Unione Europea.

Dunque la Stg ha indubbiamente un aspetto positivo, perché lega un procedimento molto preciso alla denominazione “pizza napoletana. Nel 2012 il marchio è stato rafforzato con riserva del nome, ossia nessuno può usare il termine “pizza napoletana” se non ha chiesto e ottenuto formalmente la certificazione. Questo sgombra il campo, ad esempio dalle pizze congelate che non potranno più fregiarsi di questo nome.

Ma c’è anche un aspetto negativo, legato soprattutto alla data in cui fu definitivamente formalizzato il procedimento, affidato poi alle due associazioni principali, l’Associazione Verace Pizza Napoletana e l’Associazione Pizzaioli Napoletani. Già, perché i dieci anni passati sono stati i più importanti della storia secolare della pizza napoletana per i cambiamenti e le novità. Tanto per fare un esempio più facile, la cottura deve essere con il forno a legna ed esclude quindi il forno elettrico e quello a gas nonostante ormai infinite prove abbiamo dimostrato che non c’è alcuna differenza sostanziale e di sapore nella diversa gestione del calore dei forni. Possiamo anche citare il fatto che il regolamento prevede l’uso esclusivo della Mozzarella di Bufala Campana Dop mentre la tradizione prevede il fiordilatte. Infine il procedimento è specificato solo per due tipi di pizze, la margherita e la marinara, come se la pizza fritta non fosse un prodotto tipico napoletano quanto il ripieno al forno oppure la pizza salsiccia e broccoli e la cosacca per citare le più diffuse.

In poche parole l’attuale regolamento Stg che andrebbe assolutamente rivisto e aggiornato, esclude moltissime pizzerie dalla possibilità di richiedere il riconoscimento e al tempo stesso taglia la testa al toro perché non considera la pizza contemporanea, quella dei canotti per intenderci, pizza napoletana a causa delle dimensioni del cornicione.

L’Unione Europea prevede multe molto salate, da 3000 a 14mila euro, a chi userà impropriamente il nome “pizza napoletana”. 

A questa situazione non ci sta il presidente dell’Associazione Pizzaioli Napoletani Sergio Miccu che ha rilevato questa pericolosa deriva e ha indetto per il 19 dicembre alle ore 10 all’hotel Oriente di Napoli una assise del mondo pizza perché si faccia fronte comune sul da farsi e si assuma una decisione unitaria. “Si tratta - dice Sergio Miccu (APN) di un momento fondamentale per il mondo pizza. Dalla decisione del mondo associativo e imprenditoriale dipenderà in gran parte il futuro della pizza napoletana. Mi farebbe piacere che le Associazioni (e i Pizzaiuoli) fossero tutte dalla stessa parte. Senza dubbio occorre - dice Miccú - una riflessione comune e una decisione unitaria”.

Già, perché il rischio è duplice: l’Stg se ben utilizzato dai pizzaioli campani potrebbe essere un indubbio punto di forza, un po’ come per altri versi avvenuto con le Dop. Se preso sottogamba, invece, potrebbe tradursi in una mancata tutela, per estensione, del brand pizza napoletana.

Non è difficile prevedere che a Napoli ciascuno continuerà a fare quello che ha fatto sinora come se niente fosse: pizza margherita e pizza marinara si possono tranquillamente usare e ciascuno le può interpretare come crede. Il punto, come sempre, è quando si esce dai comodi lidi locali e ci si avventura in mare aperto, per cui potremmo avere più pizzerie che propongono la pizza napoletana a Parigi che a Napoli, per non parlare nel resto del mondo dove questo marchio non è affatto riconosciuto da nessuno. Vedremo se il 19 dicembre il mondo pizza locale saprà dotarsi di una linea comune per mantenere fisicamente il marchio della pizza alla città dove è nata.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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