Voglia di Centro, il vecchio leone insiste:
Mastella riprova a fare la «Cosa Bianca»

Voglia di Centro, il vecchio leone insiste: Mastella riprova a fare la «Cosa Bianca»
di Antonio Menna
Sabato 23 Ottobre 2021, 00:00 - Ultimo agg. 19:17
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Quando il gioco si fa duro, i democristiani cominciano a giocare. Ringalluzzito dalla vittoria a Benevento – «ero solo contro tutti» –, ci ha pensato il più democristiano di tutti, Clemente Mastella, a dare una spolverata al mai dimenticato scudo crociato. «Stavolta mi metto a rifare il centro come si deve», ha detto, facendo somigliare l’annuncio più a una minaccia che a una promessa. Ha già il nome, la Cosa bianca di Ceppaloni. Si potrebbe chiamare «Meglio noi di Centro». E mentre la leggi non sai se è una battuta o la realtà, cosa che con la grammatica mastelliana accade spesso visto il gusto sottile della provocazione di chi in politica ci sta da ragazzino e sa come mescolare l’ironia e la sfida, la stilettata e il ragionamento. Una spada sguainata, questa del Centro, quasi a dispetto di questa nuova aria di bipolarismo che la crisi del Movimento 5 stelle ha rimesso in circolo sulla scena politica. Ogni tanto riparte il mantra: la presentazione della nuova formazione in una sala romana per metà novembre. 

Anche alle scorse Regionali si sognò per un po’ la lista unica dei democristiani.

Ma difficile resistere alla sirena del fai-da-te, e anche di antiche diatribe. Più o meno la stessa scena andata in onda alle ultime Comunali a Napoli, con le tredici liste di Manfredi. Molte civiche ma al loro interno basta leggere i nomi degli eletti per capire le provenienze culturali. Il marchio di fabbrica è il credo democristiano. Si uniranno mai? A metterci il cappello è il governatore De Luca – sempre più in rotta col Pd - che una mano pare averla data anche a Mastella, a riprova che lo scudetto crociato si sta già lentamente cucendo su molte maglie. 

«Non avete visto niente – dice bellicoso il sindaco di Benevento -. In Campania ho più di 100mila voti. E arrivo al mezzo milione di voti in Italia». Siamo già col pallottoliere in mano, mentre mezza Italia non va più a votare. I vecchi leoni non demordono. Se la politica cambia, noi cambieremo la politica. Ha il dente avvelenato, Clemente, soprattutto con il Pd, e il vecchio giovane Letta («mi deve telefonare e chiedere scusa»), democristiano anche lui, che è venuto fino a Benevento a sostenere l’avversario Perifano, del resto candidato del Pd. Mentre esponenti democratici sono andati in piazza a sostenere Mastella, con un altro capitombolo. Che insalata, si sarebbe detto un tempo. Ma allora ci può stare anche un nuovo, vecchio, rimastellizzato Grande Centro? Da Benevento, Mastella fa l’elenco di chi è ammesso e chi no: Renzi certamente, Calenda pure. Uno sguardo in Forza Italia, magari qualche moderato della Lega, sotto l’ombrello del più inconfessato democristiano di tutti, Mario Draghi, che governa con un altro democristiano, Sergio Mattarella e – c’è da scommetterlo – dalla casa Dc arriverà anche il prossimo inquilino del Quirinale. Come giri e volti, la Repubblica, per trovare la direzione, deve pescare lì.

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Altro che moderati, qui siamo ai democristiani da combattimento. Del resto, se nella Prima repubblica c’era un luogo di lotta politica dura, questo era Piazza del Gesù. Ma la moderazione è un dato culturale, una identità. Nessuna rivoluzione, nessuno scossone ma il lento, inesorabile e graduale governo delle cose. Che poi è anche la chiave di tutte le resistenze. Lo sa bene proprio Mastella: otto legislature alla Camera, una al Senato, due al Parlamento europeo. Eletto con tutti i sistemi elettorali possibili: preferenza multipla, preferenza unica, preferenza maschio/femmina, uninominale, liste bloccate. Sindaco con il vecchio sistema (a Ceppaloni), sindaco con il nuovo, sindaco al ballottaggio. Potete escogitare anche il meccanismo più astruso, Clemente corre. E (spesso) vince. Se non vince lui, vince la moglie (senatrice, ex consigliera regionale in Campania). Non è per caso che si è ministro in un governo Berlusconi e ministro in un governo Prodi, e sottosegretario in un governo Andreotti, e vice presidente della Camera col centrodestra e poi col centrosinistra. Perché il centro c’è sempre. Che si chiami Dc, Ccd, Cdr, Udr, Udeur, Popolari Udeur, Popolari per il Sud, Udeur-Popolari per il Sud, Udeur 2.0, Noi Campani e sicuramente ne abbiamo dimenticato qualcuno dei partiti che Mastella ha fondato e navigato con sagacia ed esperienza, portando a casa sempre, immancabile, quel pugno di voti che spesso hanno fatto la differenza. Adesso, poi, con il Senato ridotto a 200 componenti, e maggioranze che si comporranno faticosamente sul filo di due/tre voti, basta candidarsi in tre regioni e portare un seggio a casa per diventare non l’ago ma tutta la bilancia. E volete, forse, che un Dc («sta tornando la politica vera») non riesca a fare questo gioco di prestigio e a rendersi ancora una volta determinante per la politica nazionale? Stanno tornando? Non se ne sono mai andati.  

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