La crisi della Tirrenia nuova mazzata
e il futuro del Porto diventa più incerto

di Nando Santonastaso
Mercoledì 12 Febbraio 2020, 00:00 - Ultimo agg. 06:30
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Lo stop alla linea dei traghetti Tirrenia Napoli-Catania non sarà indolore per il porto partenopeo. Le parole con cui il presidente dell’Authority Pietro Spirito ha commentato a caldo la decisione del Gruppo marittimo non lasciano troppi dubbi. E ancora una volta ripropongono, indirettamente ma con indiscussa centralità, un tema che ormai ogni istituzione del territorio conosce perfettamente.

Da quanti anni si dice che lo scalo di Napoli, pur essendo la prima “azienda” della città per occupati e fatturato, non riesce a svolgere a pieno titolo questo ruolo? Perché continua, per esempio, ad essere privo di una sua linea ferroviaria di collegamento alla terraferma e in particolare agli Interporti dell’entroterra, snodi strategici per il transito delle merci? E perché nonostante la Riforma del sistema portuale, che sicuramente ha rimesso in moto un minimo di vivacità operativa in gran parte sconosciuto al passato, la sensazione della “grande incompiuta” resta e anzi si rafforza almeno sul piano del traffico commerciale? Ovviamente il caso Tirrenia, con i suoi possibili e già temutissimi contraccolpi sul lavoro di centinaia di persone e sull’economia generale del porto e della città, non c’entra nulla con i nodi storicamente irrisolti dello scalo. Ma di sicuro apre una nuova ferita in un sistema che sembra faccia ancora tanta fatica a trovare la sua giusta collocazione. Per incominciare, porto regionale o internazionale a tutto tondo, ad esempio? Si può immaginare di vedere attraccare a Napoli anche le supernavi da 20mila teu o bisognerà affidarsi a quelle più piccole, impegnate appunto su rotte regionali, il cosiddetto short sea shipping, che non richiedono dragaggi speciali? 

E il fattore tempo, ovvero la possibilità di scaricare e caricare in poche ore questi colossi del mare, per accrescere la competitività della struttura, è davvero così improponibile? A proposito, poi, di dragaggi: perché soluzioni come quella adottata ad Amburgo, uno dei porti più importanti d’Europa, che può disporre di una banchina anti-fondali studiata proprio per gestire al meglio gli inevitabili problemi di assetto e controllo della sabbia sottomarina, non possono essere previste anche qui? 

Si dirà come al solito che occorre tempo o che ci vogliono molte, forse troppe risorse finanziarie: ma quante opportunità continua a perdere Napoli per l’incapacità di sfruttare l’enorme incremento del trasporto marittimo sul Mediterraneo ormai sempre più orientato verso Genova e Trieste per raggiungere i grandi mercati del Nord Europa? Certo, ci si può consolare con il fatto che un po’ tutti gli scali del Sud soffrono dello stesso problema, a partire da Gioia Tauro, altra grande scommessa per ora persa della portualità meridionale. 
Ma nemmeno si può dimenticare che per una storia di dragaggi promessi e mai eseguiti, i cinesi stufi di attendere lasciarono Taranto per trasferirsi al Pireo, non a caso diventato uno degli approdi migliori del Continente.

Si era sperato (e lo si spera ancora) che la Zes potesse garantire un salto di qualità alle potenzialità di Napoli oltre che di Castellammare di Stabia e di Salerno. Ma siamo ancora ai piedi della lunga scala da salire, con incognite però già molto pesanti a proposito del perdurante impatto burocratico cui sono costrette a sottoporsi le aziende investitrici, come segnalato dal Mattino.

Ecco, è proprio questo mix di complicata eredità del passato, di pastoie amministrative tutt’altro che risolte forse anche di una scarsa presa di coscienza delle istituzioni pubbliche che il porto di Napoli sembra in parte ancora nelle secche, nonostante il boom di presenze crocieristiche. Ed è decisamente un paradosso se si considerano l’altissimo target di qualità degli operatori, tra i migliori dello shipping europeo, e la grande tradizione marinara della città. Due eccellenze che altrove, a partire dal nord Italia, fanno la differenza ma che qui sembrano ispirare solo rimpianti e rassegnazione.
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