​Protesi, la Procura indaga sul maxi-appalto Soresa da 60 milioni

Protesi, la Procura indaga sul maxi-appalto Soresa da 60 milioni
di Leandro Del Gaudio e Adolfo Pappalardo
Sabato 16 Dicembre 2017, 22:45
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Sospetti, presunte criticità o anomalie nella gestazione di un appalto da sessanta milioni di euro. Una vicenda che finisce al momento nel chiuso di in un fascicolo della Procura di Napoli: agli atti, ci sono una serie di doglianze espresse nero su bianco sulla definizione di una gara per le protesi ortopediche in Campania, un affare di sessanta milioni di euro di recente chiuso - marzo 2017 - dalla Soresa, vale a dire la società regionale di gestione sanitaria in Campania. 
Un fiume di denaro sul quale c’è attenzione da parte della Procura di Napoli, che ha delegato ai carabinieri di Santa Maria Capua Vetere il compito di ascoltare uno degli imprenditori che ha firmato in questi mesi esposti e denunce.
Tecnicamente si tratta di sommarie informazioni riversate agli atti da Aldo Roy Maria Mincione, imprenditore in campo sanitario che, assieme ad altri quattro colleghi del ramo, punta l’indice contro la storia dell’appalto delle protesi. 
Una vicenda che va raccontata da una premessa: in questi mesi, al Tar e all’Anac (autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone), sono arrivati esposti e denunce sulla storia del maxiappalto delle protesi, in una vicenda che è sempre stata trattata con estrema cautela da parte degli organi di stampa. 
Stesso atteggiamento assunto oggi dal Mattino, che decide di interessarsi a posizioni di parte, di fronte ad alcuni atti istruttori condotti dalla Procura di Napoli. Al lavoro il pm Sergio Amato, magistrato in forza al pool mani pulite del procuratore aggiunto Alfonso D’Avino, in un fascicolo aperto - secondo quanto risulta al Mattino - al momento a modello 45, vale a dire per fatti non costituenti reato. 
Fatto sta che in questo scenario, è la stessa Procura che decide di accelerare, per verificare la mole di informazioni che vengono messe nero su bianco, nel corso di esposti e audizioni giurate. Ma quali sono i punti su cui vertono ora le indagini? Stando alla segnalazione finita agli atti, la commissione che ha aggiudicato l’appalto al vincitore sarebbe stata costituita da due «commissari esperti tecnici del settore specifico dell’oggetto di gara, quando il regolamento degli appalti recita che i commissari devono essere in numero dispari (lì dove il rup non viene ritenuto dai denuncianti in grado di svolgere la stessa funzione di un commissario di gara). 
Ma non è tutto. Stando alla ricostruzione consegnata all’autorità giudiziaria, ci sarebbero anche altre presunte (ripetiamo: tutte da verificare) anomalie. Come la storia degli ipotizzati rapporti di parentela tra uno dei controllori della gestione della gara d’appalto e una delle imprese concorrenti. Si tratta di un punto già affrontato in sede di Tar, che non ha ritenuto possibile annullare il procedimento amministrativo, vista la separazione in corso tra la sorella del commissario e l’imprenditore poi aggiudicatosi l’appalto. Circostanze - facile dirlo - che a questo punto verranno verificate nel corso del procedimento penale aperto dal pool reati contro la pubblica amministrazione: ci sono autocertificazioni firmate dai diretti interessati, nel corso delle quali si dichiara di non avere rapporti di parentela, affinità o società con le ditte interessate dall’appalto? Carabinieri al lavoro.
Ma di presunte criticità ce ne sarebbero anche altre, a leggere la gittata delle indagini condotte dalla Procura di Napoli, almeno a voler studiare la strategia investigativa condotta fino a questo momento. Facile immaginare che una delle verifiche che verranno condotte riguarda il curriculum e la struttura societaria delle imprese che si sono unite e hanno ottenuto il diritto a gestire un servizio cruciale per la sanità campana. 
Ed è proprio in questo versante, che ci sono domande destinate ad essere approfondite: da quanti anni lavorano nel settore pubblico e privato le aziende vincitrici? E in quale campo? Chi sono, almeno formalmente parlando, i titolari dei vari rami di azienda? Anche questo punto restano da valutare alcuni aspetti posti all’attenzione dei pm: a partire dai cambi di compagine societaria di una delle ditte aggiudicatarie, «almeno fino a 18 giorni prima dell’apertura delle offerte economiche della gara». Di quale cambi si fa riferimento? A voler interpretare la mission investigativa, tutto da verificare è un punto in particolare: alcune quote societarie sarebbero state affidate da una ottantenne residente in zona Sette Palazzi a Scampia, a un altro soggetto che avrebbe poi concorso alla gara dei sessanta milioni. Nessun illecito sulla carta, dal momento che anche una cittadina di ottanta anni ha il diritto a riversare le proprie quote ad altri soci, ma è anche comprensibile la richiesta degli imprenditori usciti sconfitti di chiedere verifiche sul punto. 
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