LE PROVE
Gli archeologi ora hanno le prove. E Circe si riprende il “trono” che le spetta di diritto. «L’identificazione con il santuario di Circe è una combinazione tra l’uso di tecnologie d’avanguardia e uno scrupoloso studio di fonti e bibliografia», sintetizza l’archeologo Diego Ronchi, borsista della Fondazione Balzan e Accademia Nazionale dei Lincei che ha diretto lo studio. Ci son voluti quasi sei anni di indagini con il supporto strategico della Soprintendenza per l’Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale, guidata da Alfonsina Russo Tagliente, e del Parco Nazionale del Circeo (oltre ai Comuni di San Felice Circeo e Sabaudia). Anni di indizi forti, che come in un titanico puzzle hanno ridefinito il quadro. «Essenziale è stato il confronto dell’architettura - dice Ronchi - Le sue possenti sostruzioni sono troppo simili a numerosi altri santuari di epoca tardo repubblicana per essere interpretate come una villa. Inoltre, ha contato il rinvenimento due anni fa di un’iscrizione votiva, ed ora l’individuazione con il radar della cella di un tempio».
Il personaggio di Circe sembra riconquistare la sua aura di potere ammaliante. Così come la descrive Omero: temuta e amata dagli uomini. Perché, per dirla con Ronchi, la risposta a molte domande sulla presenza di Circe al Circeo profuma di mirto: la pianta che nacque, come racconta Teofrasto, spontaneamente per la prima volta in Italia sulla tomba di Elpenore compagno di Ulisse. Tutto si riscrive per Circe. Cambiando una pedina, però cambia a reazione la mappa archeologica. Un esempio è dato dalle strutture murarie arroccate sulla vetta boscosa del promontorio a 450 metri d’altezza identificate fin dall’Ottocento con “l’ara di Circe”.
GIULIO CESARE
«Questo piccolo santuario sulla vetta invece è attribuibile ora a Ven[/FORZA-RIENTR]ere, voluto qui dal padre di Giulio Cesare», avverte Ronchi. «La leggenda di Circe non affascina solo noi - continua l’archeologo - ma probabilmente esercitò la sua influenza già nell’antichità, tanto da essere adottata da Gaio Giulio Cesare che condusse al Circeo una colonia». I dati della ricerca riscrivono, dunque, la storia del Circeo. Per esempio, se durante l’esilio Lepido non soggiornò tra le mura della Villa dei Quattro Venti, scelse il suo buen retiro in una residenza sulle sponde del lago Paola: proprio quella che successivamente sarebbe diventata la Villa di Domiziano.
«Questa intensa stagione di ricerche che ha interessato la Villa di Domiziano, il sistema della Fossa Augusta, il contesto dei santuari dell’area del Circeo, e integralmente i territori dei Comuni di Sabaudia e San Felice Circeo, ha portato risultati che hanno superato di gran lunga le aspettative», confessa Ronchi. La scoperta, insomma, ha il suo peso. Per questo diventa protagonista il 28 aprile a Roma al Museo Etrusco di Villa Giulia dell’incontro dal titolo “Circe: archeologia di un mito”, che vedrà tra gli oratori illustri studiosi come Mario Torelli e Fausto Zevi.
L’ISOLA SEGRETA
La scoperta riapre un capitolo storico. Quando nasce il legame tra [/FORZA-RIENTR]il Circeo e Circe? «La Circe di Omero non risiede in Occidente», ci tiene a precisare Ronchi, perché Circe è una dea Orientale, una Inanna – Ishtar, la splendente signora del cielo mesopotamica, da cui Circe deriva probabilmente la discendenza dal Sole. «Una collocazione occidentale per la Maga la si comincia a pensare verso la fine dell’VIII secolo a.C., anche se in modo implicito, con Esiodo. Tuttavia siamo ancora lontani dal momento in cui il Circeo diviene l’isola di Circe, il