Ragazza morta per aneurisma, la madre «Lei stava male, io li imploravo. Dicevano: deve farla riposare»

Ragazza morta per aneurisma, la madre «Lei stava male, io li imploravo. Dicevano: deve farla riposare»
di Alessia Marani
Mercoledì 22 Novembre 2017, 00:50 - Ultimo agg. 23 Novembre, 08:20
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«Denisse non ha fatto neanche in tempo a spiccare il volo. Non mi chiamava mamma, ma “amore mio”. Per San Valentino ci scambiavamo regalini. Era geniale per il disegno e il computer, suonava il violino e il pianoforte. Mi diceva: “Amore, la vita è il dono più grande”. Io la abbracciavo perché diceva cose così profonde per i suoi 14 anni. Ma aveva ragione. E adesso che quel dono gliel’hanno strappato che mi rimane di lei?».
 

 

Marta fa la maestra, tanti sacrifici per tirare su da sola Denisse e i due figli più grandi, l’ex marito «è come se non ci fosse mai stato». Si fa forza e racconta il calvario delle ore trascorse al Pertini guardando la figlia morire. I suoi ormai sono giorni e notti di pianto nel piccolo monolocale a Montesacro dove si è trasferita dalla periferia perché Denisse frequentasse il liceo, per darle un’opportunità. «Apro gli occhi e rivedo quelle scene in ospedale, chiudo gli occhi e risento quelle parole: sua figlia è stressata, la deve fare riposare».

Marta che cosa è successo quella mattina?
«Avevo accompagnato Denisse alle 8, non la lasciavo mai andare sola. O c’ero io o i fratelli. Ero ancora lì vicino quando mi hanno chiamato perché si era sentita male».

Come è andata al Pertini?
«Un incubo. Le toccavano la pancia, come se stessero impastando la pizza. Mi chiedevano se aveva il ciclo, che cosa aveva mangiato. Ma io che ho lavorato in Croce Rossa mi rendevo conto che invece stava molto male. La mia bambina aveva gli occhi di chi era già in coma. Le pupille che si muovevano da destra a sinistra senza mai guardare dritto. Era rigida, non ha più parlato. Vomitava saliva che era muco giallo denso, non cibo. Imploravo che si muovessero, che le facessero una Tac. Lei non si svegliava».

Quando l’hanno portata al Bambino Gesù?
«Al Pertini era entrata alle 9, al Bambino Gesù è arrivata solo alle 13,02. Ho un tarlo che mi tormenta: prima tutta quella “sua figlia è esaurita, la deve fare riposare”; a mio figlio che era fuori dicevano “porta mamma a prendere un caffè”. Invece al Bambino Gesù si sono subito fatti carico di una situazione da baratro. Com’è possibile un atteggiamento tanto diverso?».

Che cosa pensa di quei sanitari?
«Non voglio additare nessuno. Ma voglio che chi non ha saputo riconoscere quei parametri non lavori più in un pronto soccorso, che cambi mestiere. Che credevano? Che a 14 anni non si può morire?».

Che cosa si aspetta adesso?
«Ora so che un organo serio lavorerà per fare giustizia. Ma sa una cosa? Quando avrò giustizia starò male due volte perché saprò che mia figlia è morta per incompetenza. Denisse faceva disegni straordinari. Vede? Questa è una bocca che soffia nelle bolle di sapone: ne esce prima una con un pesciolino piccolo, poi un’altra e un’altra ancora sempre più grandi con i pesci più grandi. Lei si è solo affacciata alla vita, nemmeno il tempo di un fidanzatino, di realizzare un sogno. Le avevo regalato un telescopio perché amava lo spazio e le stelle, lei ora è un sole lassù. Nelle due ore di pullman che impiego per tornare a casa dal lavoro, al telefono facevamo insieme latino. Lei era tutto per me. Ma ora mi chiedo: tutti quei sacrifici...».
 

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