Noschese, a quarant'anni dalla morte Napoli lo ha già dimenticato

Noschese, a quarant'anni dalla morte Napoli lo ha già dimenticato
di Luciano Giannini
Domenica 1 Dicembre 2019, 00:00 - Ultimo agg. 13:59
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Cominciò da bambino, imitando le voci di gatti e cani del vicinato e dell’antipatico padrone di casa; proseguì a scuola, riproducendo al telefono quella del padre per ottenere il permesso di fare assenze altrimenti ingiustificate. Al liceo Pontano declamava versi e spiegava Kant come se fosse Amedeo Nazzari e Alberto Sordi. A Giurisprudenza, il titolare di procedura penale, quel Giovanni Leone che sarebbe diventato presidente del Consiglio e della Repubblica, a conoscenza della sua abilità, lo invitò a far l’esame con la sua voce. Era destino che Alighiero Noschese diventasse il più grande imitatore italiano, che coglie l’anima e non soltanto la voce delle vittime.

Martedì, 3 dicembre, saranno trascorsi 40 anni dalla sua morte, ancora avvolta nel mistero, perché l’attore, imitatore, conduttore, nato da distinta famiglia borghese in via Palizzi, al Vomero, si uccise con un colpo di pistola nella cappella di Villa Stuart, a Roma, dov’era ricoverato per depressione ed esaurimento nervoso.
Il «Fregoli delle voci» (oggi si direbbe il Brachetti…), «Mister Carta carbone», «l’amico rassicurante e gioioso degli italiani», come fu definito, è stato quasi del tutto dimenticato. «Roma gli ha intitolato una strada; lo stesso ha fatto San Giorgio a Cremano, dove visse, tornò spesso e volle essere sepolto. Il Comune ha dedicato - a lui e a Troisi - anche “Ricominciamo da qui”, un grande murales nella locale stazione della Circum. Ma a Napoli non ci sono ancora una via o un luogo pubblico col suo nome», dice Gennaro Capodanno, presidente del comitato Valori Collinari, che si è già fatto carico più volte della proposta, indirizzata a Palazzo San Giacomo, e che già nell’80 istituì un premio per ricordarlo. 



Intanto, per martedì, la città di San Giorgio ha organizzato «Tutti i volti di Alighiero Noschese», una intera giornata di celebrazioni, che comprenderà una mostra, una video-installazione e un incontro pubblico. Alle 9.30 il sindaco deporrà fiori sulla sua tomba, nella cappella di famiglia. Alle 11, gli studenti delle scuole cittadine prenderanno parte al convegno-spettacolo sulla sua vita, la carriera e i personaggi. A raccontarli saranno Giuseppina Scognamiglio, docente di Letteratura teatrale italiana alla Federico II, e Andrea Jelardi, autore dell’unico libro sull’artista, Noschese, l’uomo dai mille volti (Kairòs e Fausto Fiorentino editrice, 2012), scritto in occasione degli 80 anni dalla nascita. Con loro sarà Vincenzo De Lucia. L’imitatore, che ha partecipato all’ultima edizione del Premio Troisi, replicherà i suoi numeri alle 18, sempre a Villa Bruno, con ingresso libero a tutti. Nei locali dell’ex libreria Vesuvio, poi, saranno in mostra una video-installazione di Luisa Auriemma e alcuni oggetti personali. 

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«Ci sono un paio di occhiali, un microfono, dei fiammiferi personalizzati, coroncine di Rosaio e medagliette sacre, perché Noschese era molto religioso e superstizioso; ancora, foto, cartoline e un accendino anni 70, realizzato per il film “Io non scappo, fuggo”», spiega Jelardi. Curioso è anche il modo in cui l’autore è entrato in possesso del materiale, destinandolo poi al Museo della pubblicità, che ha a San Marco dei Cavoti: «La cognata di Noschese donò la valigia con gli oggetti ad Andrea Cacciapuoti, titolare di un bar, ora chiuso, all’inizio di via Aniello Falcone. Quando seppi del lascito, mi precipitai da lui, e Cacciapuoti, gentilmente, me ne fece dono».



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Jelardi, chi era Noschese? «Un personaggio duplice, come molti comici. Nella vita privata era timido, riservato, impacciato. Diceva di non avere un buon rapporto con la propria voce. E basta vederlo quando non imitava, ma faceva il presentatore, per dargli ragione. Con Montesano creò per alcuni anni una fortunata coppia cinematografica. Fu un idolo delle folle, quando si rivelò in tv con le sue imitazioni. I personaggi importanti del tempo facevano carte false per assistere ai suoi spettacoli teatrali, come “Scanzonatissimo”; gli uomini politici si mettevano in riga per avere una imitazione ma Noschese, nonostante il successo, ebbe comunque una vita malinconica. Il divorzio dalla moglie, da cui ebbe due figli, il rapimento di Aldo Moro, che incupì il Paese e spinse i dirigenti Rai a evitare la satira della politica furono colpi pesanti per lui. Noschese era un artista fragile e delicato, dotato di uno straordinario talento umoristico, mai vogare, esaltato - devo ricordarlo - dall’amico e collaboratore Dino Verde. Con lui creava i testi, anche quelli delle sue canzoncine satiriche e irriverenti… Un altro grande napoletano dimenticato». 
 

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