Reddito e bonus, i troppi furbetti picconano i diritti di tutti

di Antonio Menna
Giovedì 9 Febbraio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
4 Minuti di Lettura

Che si tratti di un sussidio di povertà, o di una card culturale per neomaggiorenni, o di un superbonus per l’efficientamento energetico della propria casa, o di un altro tra gli innurevoli benefit di Stato, la base su cui essi poggiano è sempre la fiducia. Questa rappresenta l’unico collante che tiene insieme i soggetti della società: se si rompe il patto di fiducia va in frantumi tutto lo strumento. È come una crepa: si allarga come un taglio su un lago ghiacciato, si espande, finisce col frantumare la crosta.

L’idea – cara a molti furbetti - che elargendo denaro pubblico si distribuiscano soldi che non appartengono a nessuno non fa i conti con il disappunto di chi paga tutte le tasse, non ottiene mai nulla e vede i soldi della fiscalità, quindi anche i suoi, dispersi in rivoli parassitari che, nella migliore delle ipotesi, danno ai nervi. Perchè il governo Meloni ha deciso di procedere a una stretta sul Reddito di cittadinanza, tagliando la dotazione economica in Bilancio e lasciando prossimamente senza sussidio migliaia di percettori considerati “occupabili”? 

Perché sente una parte dell’opinione pubblica insofferente, dubbiosa, tesa, arrabbiata: chi lavora e paga ogni centesimo di tassa non ci sta a vedere i soldi pubblici dispersi in modo incontrollato. Ecco perché il legame di fiducia ha una funzione fondamentale: il contribuente deve pensare che il prelievo fiscale è finalizzato a cause giuste.

Chi percepisce un aiuto deve sentire la responsabilità di ciò che prende e deve essere rigoroso nella richiesta e scrupoloso nell’uso; chi eroga deve agire dentro il perimetro del dovere di efficienza e buon andamento, che sono poi i cardini costituzionali della Pubblica amministrazione. Se salta uno di questi elementi, salta la società. 

Ecco perché appaiono molto rischiosi, sul terreno della coesione sociale, i fatti che il Mattino sta raccontando in questi giorni rispetto all’uso e all’abuso di alcuni bonus. La notizia che ben 230mila domande per il Reddito di cittadinanza, a Napoli, sono state respinte perché carenti nei requisiti preoccupa per la baldanza con cui persone – peraltro di quartieri benestanti – hanno tentato di accaparrarsi un po’ di soldi pubblici.

E questa fa il paio con il vergognoso sistema truffaldino per monetizzare la card per i diciottenni, pensata per comprare libri e prodotti culturali, e usata, in alcuni casi, con la complicità di librerie e commercianti, come una sorta di bancomat: ti do i soldi in contanti, simuliamo una vendita e mi trattengo una percentuale. Questi trucchetti contengono oltretutto una profonda ingenuità: non capire che di questo passo salta tutto, e se poi avrai bisogno davvero, resterai solo. 

Il peggior nemico del sussidio è il furbetto perché, con il suo gioco di prestigio – che a volte svela anche un meccanismo errato della misura stessa-, radica la convinzione negativa in chi i sussidi vuole cancellarli. E non è solo facendo carte false con l’Isee o truccando il meccanismo delle card culturali che si manda a sbattere il sistema degli aiuti pubblici; lo si fa anche inquinando nel fondo le ragioni stesse degli strumenti. Se rifiuti – come racconta oggi il Mattino - un lavoro stagionale perché tanto prendi più o meno gli stessi soldi con il sussidio non facendo nulla o, peggio ancora, lavorando in nero, stai ancora una volta segando il ramo su cui sei seduto. Inquini il meccanismo sociale, contamini la relazione, insinui nella stessa economia del territorio un virus. 

La responsabilità di cittadinanza prevede non solo di accedere con rigore esclusivamente alle misure a cui si ha diritto, utilizzandole in maniera corretta, ma anche di non approfittare della generosità dei contribuenti scegliendo la strada più comoda invece di quella più giusta. Può sembrare velleitario, in questo tempo, parlare di coscienza ma una volta le persone perbene, che fossero ricche o povere, amavano fare questioni di principio. Cioè, agire non solo secondo la norma ma anche secondo la legge morale, quella che è in me, diceva Kant. Una urgenza forse desueta, oggi troppo spesso dimenticata.

© RIPRODUZIONE RISERVATA