Riviera di Chiaia, il palazzo crollato
riapre dopo 6 anni: «Il quartiere no»

Riviera di Chiaia, il palazzo crollato riapre dopo 6 anni: «Il quartiere no»
di Gennaro Di Biase
Mercoledì 19 Giugno 2019, 00:00 - Ultimo agg. 08:05
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Bentornato Palazzo Guevara. È il caso di dirlo, a oltre sei anni dal crollo che, poche ore prima che bruciasse Città della Scienza, sconvolse la città in quel nerissimo 4 marzo partenopeo del 2013. Alla Riviera di Chiaia finalmente sono andati via i ponteggi e la facciata “ritrovata” è bella, bianca, nuova, luminosa e decorata. Anche se la parte laterale di Palazzo Guevara, quella che dà su via Arco Mirelli, è ancora intrappolata dai tubi, anche se il palazzo a tre passi mette in bella mostra le retine di contenimento, anche se le attività commerciali, soffocate da anni di cantieri della metropolitana, cantieri post-crolli e cantieri di rifacimento del manto stradale, sono con «l’acqua alla gola»: la maggior parte dei negozianti non ha visto l’ombra di un risarcimento e teme «le transenne sui marciapiedi non ancora consegnati durante le Universiadi». Bentornato Palazzo Guevara, dunque, ma i problemi alla Riviera non sono certamente scomparsi. Questo è ancora il territorio bombardato di una guerra senza bombardamenti.
 
Le voci di cantiere e quelle dei commercianti vanno tutte nella stessa direzione: «Il Comune e la Regione hanno pressato gli operai perché consegnassero la zona entro l’inizio delle Universiadi». E dalle finestre fregiate dell’edificio si intuisce anche che il primo inquilino è tornato a vivere nel palazzo «non più perduto». «Certo - raccontano i baristi Luigi Strazzullo e Giuseppe Capuozzo - viene a prendere qui il caffè tutte le mattine. Ora però è fuori città». Bene. Era l’ora di una bella notizia qui alla Riviera, e da pochissimi giorni è arrivata. Ma Palazzo Guevara è il giglio fresco di un giardino trascurato. Quanto al resto, infatti, la strada è ancora un cantiere infinito. Per camminare sotto all’edificio bisogna stringere le spalle tra le transenne e attraversare un sentiero largo un metro stentato. Sono ancora tre le aree di lavorazione. Una nella piazza del Consolato americano, una occupa tutta la corsia stradale su cui affacciano i locali, l’altra serve ancora per Palazzo Guevara. Altra nota positiva: sebbene sepolta da gru e transenne, si intravede la buvette della metro dove presto sorgeranno i negozi. 

I sorrisi ci sono, alla Riviera di Chiaia, ma sono precari e diffidenti: «Magari prima o poi torneremo a provare l’ebbrezza di vedere passare qualcuno. I cantieri ancora aperti servono per l‘abbassamento di 20 centimetri del manto stradale - allarga le braccia Antonio Triunfo, titolare dell’omonima storica cantina - Marciapiede e strada staranno sullo stesso livello. Gli operai dicono che le istituzioni hanno intimato la riconsegna della zona tra giugno e luglio. Qui siamo al minimo storico, non passa nessuno. Quanto ai risarcimenti, alcuni li hanno avuti. Molti altri hanno rifiutato offerte ritenute misere, 20mila euro contro i 100mila richiesti. Non ho ricevuto ancora un euro, come la maggior parte dei commercianti. Auguriamoci che i lavori finiscano presto: qui è il deserto e i furti in zona lo dimostrano». E poi, a turbare i sorrisi, c’è l’angosciosa questione «transenne ai marciapiedi». «Stanno lavorando più rapidamente per le Universiadi - sospira Antonio Sabatasso dell’Ops bar - Poi ci chiuderanno dentro le transenne: difficilmente completeranno i marciapiedi per l’inizio dell’evento. Quindi ci hanno detto che probabilmente chiuderanno i marciapiedi durante le Universiadi, dato che da qui passeranno le macchine. Se fossero stati più veloci avremmo preparato i tavolini, invece il mese prossimo ce ne potremo anche andare tutti a casa». «Non riusciamo a capire come difenderci dai cantieri e dall’eventuale transennamento dei marciapiedi - dice Dario Bocco di Area 76 - Ma qui è invivibile sempre, con i tavolini vista-cantiere. Abbiamo aperto da 3 mesi, perché i cantieri, dicevano, stavano per chiudere. Invece li hanno prolungati a oltranza. Stiamo valutando di chiedere un risarcimento, perché abbiamo il 40% in meno di clienti rispetto alle previsioni».
 
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