Roma, rivoluzione in Atac: M5S spaccato sul nuovo ad

Raggi e Mazzillo (Ansa)
Raggi e Mazzillo (Ansa)
di Lorenzo De Cicco e Stefania Piras
Martedì 1 Agosto 2017, 00:00 - Ultimo agg. 14:15
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«No che non mi dimetto», dice combattivo Andrea Mazzillo, appena esce da un ingresso secondario del Campidoglio, quello della Ragioneria generale, in via del Tempio di Giove. Ha appena finito una riunione fiume con Virginia Raggi e gli altri assessori e consiglieri M5S. Esce sotto braccio a Daniele Frongia, l’ex vicesindaco oggi responsabile dello Sport. Prima di mettersi alla guida della sua Micra bianca, l’auto di servizio, Mazzillo si lascia andare a un sorriso amaro. Lui che ieri mattina, dalle colonne di questo giornale, aveva detto chiaramente che per il governo della Capitale e delle sue partecipate servono manager «che vivano e conoscano questa città», insomma «niente pendolari che stanno qui solo qualche giorno a settimana» (riferimento non troppo velato agli uomini spediti a Roma da Casaleggio jr), alla fine è il grande sconfitto della giornata di ieri. 

Perchè il nuovo presidente di Atac, il veneto Paolo Simioni, è espressione dei vertici nazionali del M5S, vicinissimo a Massimo Colomban. Ha la faccia stanca Mazzillo, ma la voce resta calma e determinata. «Io vado avanti», dice l’assessore al Bilancio della giunta Raggi, dopo avere subito il “processo” di assessori e consiglieri. E più di qualcuno gli ha chiesto anche di lasciare. I vertici M5S lo vorrebbero fuori, e anche presto: «Prima lascia e meglio è». La sua linea «Roma ai Romani», subisce l’ennesimo colpo. Escono sconfitti anche i consiglieri “malpancisti”, a partire dall’ala lombardiana, che risponde alla deputata Roberta Lombardi, che alla Raggi aveva chiesto di poter intervenire nelle nomine.

Alza le spalle, Mazzillo. «Faccio i miei migliori auguri a Simioni, un manager capace - dice molto diplomatico - Io continuo nel mio lavoro». Anche se il suo ruolo è ridimensionato. Tanto che qualcuno in Campidoglio vorrebbe già trovare rapidamente il suo sostituto. A Roma intanto è atteso il leader M5S Davide Casaleggio: ha fissato un incontro nella sede della stampa estera per presentare la nuova interfaccia del sito di Rousseau. Casaleggio ha ribadito la fiducia alla sindaca un mese fa. Sa che in Campidoglio, accanto a Raggi, c’è Colomban di cui fida ciecamente. E che ieri ha “teleguidato” la partita Atac. Col placet di Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. «Simioni è una scelta di altissimo profilo», dice infatti Bonafede a vertice concluso.

«Siamo contenti del piglio che sta dimostrando Viginia», dirà a sera inoltrata uno dei nuovi bracci destri della sindaca che si gusta in diretta l’allontanamento progressivo del suo ex braccio destro: Mazzillo.

CONCORDATO
Per Atac a questo punto prende corpo l’ipotesi del concordato in continuità, già sperimentata a Livorno. Anche il candidato premier in pectore del M5S, Luigi Di Maio, ospite alla Versiliana, ha detto che «il concordato è un’ottima strada, Atac è come Alitalia: ci sono due opzioni, o quella dei capitani coraggiosi o il risanamento, tagliando gli sprechi, e mettendo al suo posto chi lavora». Anche su questo fronte non passa la linea di Mazzillo e dei lombardiani.

Il vicepresidente della Camera ha raccontato le sue impressioni sulle turbolenze romane: «Abbiamo avuto un sussulto quando abbiamo sentito questa notizia delle raccomandazioni di Enrico Stefano. Ci ha fatto vedere l’sms, e abbiamo chiesto di pubblicarlo. Non è una raccomandazione». Poi Di Maio ha elogiato Bruno Rota, il manager nordista che viaggiava sulla stessa linea d’onda di Colomban e Casaleggio: «È un grande manager, e io lo stimo ancora». Sul difficile rapporto tra consiglio, giunta, e sulle parole di Mazzillo, considerato dai vertici il vero esterno della giunta, Di Maio la spiega così (anche lui è spesso vittima del fuoco amico): «Quando un Cinque Stelle diventa sindaco le prende da tutte le parti, pure dalla propria maggioranza».

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