La guerra di logoramento tra governo e opposizione

di Bruno Vespa
Sabato 18 Gennaio 2020, 00:00 - Ultimo agg. 06:30
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Sia la Prima che la Seconda guerra mondiale dovevano essere, nei propositi di chi le cominciò, “guerre lampo”. E invece s’impantanarono e durarono cinque anni ciascuna. Da quando a Matteo Salvini non è riuscita la guerra lampo d’agosto (crisi/elezioni/vittoria/governo), il centrosinistra sta provando a inchiodarlo in una lunga guerra di posizione sperando che di qui a quando ci saranno le elezioni gli capiti un qualche accidente (politico, giudiziario e quant’altro) che riesca a fermarlo.

La nuova legge elettorale proporzionale è un gigantesco cavallo di frisia piazzato davanti a palazzo Chigi per evitare che Salvini ci entri o – se ci entra – ci resti assai poco. Questa legge, sia pure con il necessario sbarramento al 5 per cento, difficilmente garantisce all’elettore di conoscere subito chi sarà il presidente del Consiglio e al governo la necessaria stabilità. Non a caso nel 1953 la Dc e i piccoli partiti laici fecero approvare tra tumulti di ogni genere una legge che garantisse il 65 per cento dei seggi alla coalizione che avesse preso il 50,01 per cento dei voti. I comunisti la chiamarono ‘legge truffa’, ma se alle elezioni fosse passata (mancò il successo per pochi voti contestati) la democrazia italiana sarebbe stata assai più solida ed efficiente. Un passo avanti fu fatto con il Mattarellum che portò alla vittoria sia Prodi che Berlusconi. Peccato che si torni indietro con il principale obiettivo di non far governare chi vince le elezioni.

Ci sono poi i missili politico giudiziari. Il più clamoroso è la richiesta di processare Salvini per sequestro di persona per l’affare di Nave Gregoretti. Ora dinanzi ad un caffè nessuno degli avversari del leader leghista avrebbe il coraggio di dirvi che lui merita la pena degli esponenti della celebre Anonima che ha terrorizzato l’Italia tra gli anni Sessanta e l’inizio dei Novanta. Rinviare il voto in commissione del 20 gennaio – che in verità già avrebbe dovuto esserci questa settimana – sarebbe stato rubare la marmellata sotto gli occhi della suora. E lo stesso sarebbe per la maggioranza disertare la seduta facendo finta di niente in attesa di votare il rinvio a giudizio in aula dopo le elezioni di Emilia. Se davvero il centrosinistra avesse voluto evitare questo regalo a Salvini, avrebbe dovuto archiviare la pratica rapidamente. E invece no, si vuole il martire. Un novello Caravaggio lo ritrarrebbe trafitto dalla spada di Santa Carola Rackete, protettrice dei migranti. Giustizia è fatta (e le reliquie della vittima portate in processione nelle piazze elettorali a fare miracoli inauditi).
 
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