San Gennaro non dice mai no (incrociamo le dita per oggi). Non dice mai no ai napoletani, salvo rare e funeste eccezioni: e infatti i napoletani da secoli lo venerano con passione ininterrotta, considerandolo il paladino tra i paladini, il santo laico al quale chiedere protezione per tutti e per ciascuno. Figuriamoci se possa mai mettersi di traverso e dire no alla moltitudine di turisti pronti ad acclamarlo come un’icona pop: l’ennesimo santino, più che santo, di una città che si presta a essere rappresentata all’infinito attraverso i suoi simboli, positivi o negativi che siano.
Da quando Napoli non è più terra di mezzo e di passaggio, bensì meta finale, luogo di approdo, polo di incomparabile attrazione per le sue bellezze naturali e i suoi tesori d’arte, anche San Gennaro assolve al suo dovere di attrazione turistica, mettendosi a disposizione della comunità di viandanti. Da santo laico a icona pop è un attimo: lungi da noi l’idea di denigrare questa metamorfosi, di storcere il naso, di sbuffare.
Perché dovremmo? San Gennaro è di tutti e proprio la sua natura di santo laico, ben oltre il prodigio della liquefazione (e la spettacolare liturgia che da secoli lo accompagna) lo rende assimilabile alla moltitudine di santini tenacemente funzionali alla narrazione della città: un pastore in più - come Maradona, o come il Napoli dello scudetto, o come la pizza - nell’eterno presepe della napoletanità o della napoletaneria. Non c’è da stupirsi, né da scandalizzarsi, se il santo patrono sia uscito dal perimetro della devozione cittadina per diventare anch’esso simbolo di una città eternamente in mostra, palpitante di vita sotto i riflettori del mondo.
Questa dimensione profondamente laica del culto di Januarius - appartiene alla città, difende la città - è forse l’aspetto più significativo di un rapporto viscerale che dura da 1700 anni. La stessa Deputazione, organismo laico nato nel sedicesimo secolo dagli antichi Sedili, rappresenta tutta la popolazione, non l’organizzazione ecclesiastica. In San Gennaro, martirizzato nel 305, è transitato il substrato mitico della città, il genius loci: dalla sirena Partenope a Virgilio (primo defensor civitatis) e da quest’ultimo, appunto, a San Gennaro. Che ha riassunto in sé, dopo la diffusione del Cristianesimo, tutti gli attributi, tutte le caratteristiche, che erano appartenute ai primi due precedenti numi tutelari della città, la Sirena e il Poeta Mago.
A partire dal 1389, quando il fenomeno della liquefazione dei grumi venne documentato per la prima volta, la storia di San Gennaro diventa la storia di un prodigio sul quale non solo la comunità dei fedeli, ma anche quella scientifica non ha mai smesso di interrogarsi. È in questi secoli e secoli di venerazione ininterrotta, un pellegrinaggio senza fine sulle strade del mistero, che va rintracciato il significato più profondo del riconoscimento del «bene immateriale», che va ben oltre la valorizzazione di un patrimonio storico inestimabile.
L’importante è non perdere mai di vista la complessità di questa storia - essa sì, prodigiosa - che ci appartiene. Siamo tutti consapevoli, e non da oggi, che chi viene a Napoli, almeno una volta nella vita, lo fa anche (soprattutto) per nutrirsi di stereotipi. Che siano pizza o Gomorra, che siano i rifiuti non raccolti per giorni o che sia, appunto il miracolo di San Gennaro. Vedere, fotografare, restare incantati. Irrompere in un lungo e sbalordito «ohhhhhh». Il turista si sente rassicurato quando trova riscontro, nella sua visita, agli stereotipi che aveva immaginato. E ritorna a casa soddisfatto, rincuorato dalla conferma degli stereotipi di cui si era (preventivamente) abbeverato.
Funziona, e funzionerà così, anche con il miracolo di settembre. Insomma non c’è nulla di male nell’attribuire a San Gennaro, tra tanti poteri in qualche modo salvifici, anche quello di ingrossare le già folte milizie degli innamorati di Napoli. A patto da non trasformare il culto del santo patrono in un fenomeno da baraccone. Siamo in presenza di un culto, laico e religioso nello stesso tempo, che non ha uguali nel mondo. Sbaglierebbe chi si ostinasse a pensare che il “miracolo” di San Gennaro consista esclusivamente nel prodigio della liquefazione del sangue (d’altra parte, e non da ieri, riproducibile in laboratorio); il vero miracolo risiede nelle ragioni per cui in quel sangue, che tanta passione accende, si è incarnata l’anima stessa di una città. Facciamone tesoro, anche se oggi la figurina di San Gennaro rischia di essere mischiata in un “miracoloso” intruglio con gli altri simboli di una città più facile da riconoscere che da conoscere veramente.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout