Sanna, da commessa a premier: ecco la donna che ha sfidato lo zar

Sanna, da commessa a premier: ecco la donna che ha sfidato lo zar
di Antonio Menna
Giovedì 19 Maggio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 20 Maggio, 12:35
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A volte la storia sa farsi beffarda prima ancora che maestra. Cosa c’è di più surreale che affiancare al volto livido, rosso di rabbia, gonfio di sospetti, di Putin, il signore della guerra, l’ex funzionario del Kgb, quello limpido, coraggioso, moderno e pieno di luce di Sanna Marin, la 36enne premier finlandese che ieri a Roma ha fatto il giro dei palazzi istituzionali lasciando dietro di sé una scia di incredulità e ammirazione. Così giovane (36 anni), così determinata, così coraggiosa nel fissare un punto netto – l’adesione alla Nato per difendersi dalla Russia – e un discrimine culturale alto quanto un muro. Putin e Marin, o di qua o di là, sembra dire la foto di questo nuovo fronte del conflitto politico. O con l’autocrazia bellicista, gerontocrate, che sogna l’impero sovietico, con il cuore nell’Ottocento, con gli assaggiatori prima del pranzo per la paura di essere avvelenati, con le foto di Stato piene di generali balbettanti intorno al capo, con Internet oscurato e i giornali chiusi per soffocare la libertà di espressione. O con la democrazia liberale, con tutto il corpo nel Duemila, con i social e gli smartphone, che non ha paura di farsi guidare verso nuove sfide da una donna giovane, con parole d’ordine innovative, con un linguaggio sfrondato e la semplicità anche negli occhi. 


Da una parte il vecchio mondo, dall’altra quello nuovo. Da una parte, le paure, dall’altra le libertà. Da una parte, le armi, dall’altra la politica. Da una parte, le minacce, dall’altra le scelte. Da una parte, un uomo, dall’altra una donna. Se c’era ancora qualche dubbio che nella sanguinosa e improvvida guerra d’invasione dei russi all’Ucraina si giocava, anche uno scontro di culture, di modelli, di visioni, di idee sul futuro e la comunità, l’immagine di Sanna Marin, contrapposta a quella di Vladimir Putin, ha dentro di sé tutto il racconto: la beffa della storia sui volti delle persone.

Anche la biografia della giovane premier finlandese dice che cos’è una società aperta e come funziona il mondo libero. Nata a Helsinki nel 1985 (avete letto bene), Marin è capo del governo finlandese già da due anni e mezzo. Prima, per sei mesi, è stata Ministra dei Trasporti. È entrata nel Parlamento che non aveva ancora compiuto 30 anni. A 27, era presidente del Consiglio comunale di Tampere. Marin non è figlia di politici, nemmeno nipote di politici. E non ha avuto una vita facile. 

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I suoi genitori biologici si sono separati quando lei era neonata. Compie il primo anno di vita in una casa per donne maltrattate, dove sua madre si era riparata per sfuggire al marito alcolista. Dopo la separazione, la madre si è innamorata di una donna e con lei alleva la futura premier, che ha vissuto a lungo in condizioni economiche modeste. Per pagarsi gli studi ha fatto la commessa, la cassiera, la fornaia, ha lavorato in un’azienda di imballaggi. Si è laureata a Tampere in Scienze dell’amministrazione ed è stata la prima laureata della sua famiglia. Poi un master, poi la grande avventura in politica. Nei giovani socialdemocratici, poi nelle istituzioni, fino al gradino più alto. Intanto, però, nel 2018, con il suo compagno storico (insieme dall’età di 19 anni), Marin ha una bambina, e l’anno dopo si sposa. 

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Eventi che non le hanno impedito di diventare capo del governo, a dimostrazione che certe polemiche su ruoli maschili e ruoli femminili, come quelle sentite dalle nostre parti negli ultimi tempi, di fronte a esempi come questi, svelano la ferita profonda di una sottocultura che invece di mettersi in discussione, si perpetua, perdendo ogni volta la grande occasione di rigenerare la società mescolando categorie e ruoli, aprendosi alla sfida, rompendo i muri, guadagnando nuovi spazi. Tutto questo, in realtà, non parla solo alla Russia, separata dalla Finlandia da un filo di vento, ma distante anni luce nel profilo dei governi e negli assetti della società. Parla anche un po’ a noi, a questa Italia che ama definirsi moderna ma arranca, fatica, quando si tratta di lanciare per davvero la sfida. Quanta strada ancora da fare, ma che bello che a segnarla sia venuta proprio a Roma, in un giorno così importante, una giovane donna che qui chiameremmo ragazza, solo per non vederla nella sua potenza trasformativa.
 

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