La nuova vita di Scampia in uno spot in mondovisione

di Antonio Menna
Mercoledì 21 Aprile 2021, 23:30 - Ultimo agg. 22 Aprile, 06:30
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Quante volte bisognerà dire “restart” a Scampia per ripartire davvero? Quanti nastri bisognerà tagliare ancora? Quante passerelle montare? Quanti riflettori accendere? Quante telecamere chiamare, quanti applausi sollevare? Quante dichiarazioni altisonanti prima di metterlo in moto davvero, una volta e per sempre, questo infinito cantiere della rinascita, che sembra la fabbrica di San Pietro: ogni sera si crede completata e ogni mattina si riscopre incompiuta? 

Il nuovo, incredibile, stop al “Programma Restart Scampia”, che tiene paralizzato da luglio il cantiere della Vela verde e non fa avanzare il piano complessivo con lo svuotamento delle altre vele e la rigenerazione del quartiere, fatica a questo punto anche a trovare un senso. «Consegnato il cantiere per la rigenerazione urbana di Scampia. In 180 giorni sarà abbattuta la Vela A, detta Verde».

Lo annunciava così sul suo sito, a titoli cubitali, il Comune di Napoli, la grande svolta. Era il maggio del 2019. Per avviare, in realtà, l’abbattimento si dovette attendere un altro anno: il primo colpo di gru arrivò il 20 febbraio del 2020. La vela, tra gli applausi, le telecamere, le dichiarazioni roboanti, andava giù ma contemporaneamente si preparava ad andare giù anche il mondo, a causa della pandemia. Venti giorni di lavoro, poi il lockdown. In realtà in quei 70 giorni di blocco totale, quel cantiere avrebbe potuto continuare a lavorare: più distanziati che su una gru è difficile. Ma tutto si fermò lo stesso. I lavori ripresero a metà maggio e per i primi di luglio la demolizione è stata completata. Da allora, però, di nuovo tutto fermo. 

Bisognava rimuovere e smaltire i detriti (evento prevedibile), poi edificare su quella superficie nuovi alloggi popolari per procedere al trasferimento degli abitanti di altre vele (prima la Celeste) da abbattere e da riqualificare. Ma le 350 famiglie restano a guardare attonite, dai balconi, da mesi la montagna di macerie; proprio loro che avevano guardato con fiducia al progetto, a quella gru che mangiava anni di degrado, a quel sogno di case basse, piccole palazzine residenziali, che potevano dare luce e dignità abitativa a chi non l’aveva mai avuta.

La delusione è tanta, dentro una pentola già piena di rabbia e disagio. Il primo quartiere di Napoli per tasso di disoccupazione, ma anche per quantità di verde e per presenza di giovani appare stanco di aspettare sempre. Non riesce più nemmeno a trovare le parole della lotta. Le risorse ci sono sempre –energie, idee – e bisognerebbe metterle in moto, invece di spegnere e accendere continuamente il motore, che è una ottima strada per bruciarlo. Meglio non fare niente che farlo male perché lo stop and go della speranza accende falò di delusioni e se c’è una cosa da non fare con chi è già deluso, è promettere ancora, e ancora non mantenere, alimentando all’infinito nell’animo di chi si sente già preso in giro dalla vita, la sensazione di esserlo sempre di più. Negli anni, con Scampia, abbia visto bellissimi disegni. Li chiamano rendering: simulazioni di bellezza. Abbiamo visto negozi, piste ciclabili, centri giovanili, asili, scuole, università, strutture sportive. Tutto bellissimo. Tutto sulla carta. Per ora, dal vivo, vediamo un mucchio di pietre dove c’era un vecchio edificio e niente altro. Promesse in fumo, ritardi inspiegabili, un’attesa infinita e snervante. Somiglia Scampia, in questo, a Bagnoli: altro lato della città, altra identità, altra storia. Ma un filo comune corre dal mare flegreo ai palazzoni dell’area nord, è il filo dell’eterno sospeso. Come giovani promesse del calcio che invecchiano nel vivaio, senza debuttare mai nella squadra principale, Scampia e Bagnoli sembrano la testa e la coda di un treno che è sempre sul punto di arrivare ma non arriva mai. Da una parte le vele da abbattere e riqualificare, dall’altro il mancato rilancio di Città della Scienza, l’infinita attesa di bonifiche e riqualificazione. Parole, parole, parole. Simboli, si dice sempre. Simboli di rinascita, quando c’è l’annuncio. Simboli del tradimento, quando si tirano le somme.

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