Se il virus oscura la guerra alle porte

di Franco Cardini
Giovedì 13 Gennaio 2022, 23:30 - Ultimo agg. 14 Gennaio, 07:00
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Ultimamente siamo sommersi dalle notizie sulla pandemia, sui pro-vax e i no-vax, e la situazione internazionale, sembra sparire dall’orizzonte, come se non ci riguardasse da vicino. Ecco perché ieri 13 gennaio 2022 ci siamo tanto stupiti dinanzi alla notizia della riunione informale dei ministri dell’Unione Europea a Bruxelles per reagire alla situazione determinata dalla crisi russo-ucraino-polacco-bielorusso-euro-occidentale ch’è al tempo stesso di ridefinizione dei confini, di ridefinizione delle alleanze e di fornitura di forza energetica all’Europa attraverso i gasdotti interessati all’area.

Su ciò era già fallito il precedente incontro del segretario Nato Stoltenberg con i viceministri russi agli esteri e alla difesa, mentre dai colloqui bilaterali russo-americani sullo stesso argomento l’Unione Europea era stata esclusa (il che significa che gli Usa da soli si erano fatti garanti di eventuali decisioni degli alti comandi della Nato senza bisogno di consultare gli europei che di quell’alleanza fanno parte). 

Due gli argomenti fondamentali: la scelta del governo ucraino di aderire all’alleanza Nato che modificherebbe nella sostanza profonda l’equilibrio militare nella regione, la minaccia russa d’interpretare tale scelta come un atto di definitiva ostilità (un tempo si chiamava casus belli), la risposta delle forze Nato – quindi di Usa e dei Paesi europei aderenti all’alleanza, e pare tutti concordi, allineati e coperti – di sanzioni alla Russia in caso di sua risposta militare.

E addirittura la pretesa che il presidente Putin non si permetta neppure di manovrare le sue forze in casa propria. Una pretesa francamente al limite del paradossale, alla quale con eleganza la Russia ha risposto di aver già concluso le manovre militari ch’erano oggetto della mobilitazione interna guardata con tanto sospetto.

Il tutto sembra confermare, avvalorandola, l’osservazione (una constatazione o una minaccia?) del ministro polacco agli esteri Zbigniew Rau, il quale ha testé dichiarato durante il suo discorso d’inaugurazione della presidenza polacca del Consiglio permanente dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) che “sembra che il rischio di guerra nell’area Osce sia oggi maggiore che mai negli ultimi 30 anni” in quanto “da diverse settimane affrontiamo il rischio di una forte escalation nell’Europa orientale”.

Stiamo tornando alla logica della “guerra fredda” e delle “zone d’influenza”? E’ quanto parrebbe a sentire le dichiarazioni rese proprio ieri alla conferenza di Brest dal capo della diplomazia dell’Unione Europea, Josep Borrell, secondo il quale “non ci saranno negoziati sull’Ucraina” (cioè sulla sua adesione alla Nato, “libera e spontanea” finché si voglia, ma che accrescerebbe in modo determinante la minaccia dei paesi occidentali sul paese di Putin) “sotto la pressione militare della Russia”. Un elegante invito affinché il Cremlino inghiotta anche il rospo di un’estensione delle coperture di missili a testata nucleare anche ai paesi baltici, ex appartenenti all’Urss adesso passati all’indipendenza e, con essa, alla Nato. Un bel rospo da inghiottire. 

La minaccia di sanzioni contro la Russia e il suo capo di stato, già formulata con chiarezza dal presidente statunitense Biden e che andrebbero ad appesantire quelle già esistenti – strano modo di cercare la distensione… - sarebbe “una misura oltre ogni limite, paragonabile alla rottura delle relazioni”: è il minimo che avrebbe potuto dichiarare il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, il quale ha difatti dichiarato: “Introdurre sanzioni contro un capo di Stato e contro il leader della Russia è una misura oltre ogni limite, paragonabile alla rottura delle relazioni” (fonte: Agenzia Tass). 

Per ora la reazione di Vladimir Vladimirovich è stata, come al solito, fredda e misurata.

Ma egli non ha potuto tacere come il prezzo di quanto la Russia produce e mette in vendita dipenda anche dagli atteggiamenti sanzionatori nei suoi confronti; e come le erogazioni di metano attraverso gli impianti gestiti dalla Gazprom, prendano la strada dell’Ucraina o della Polonia, non potranno restare indipendenti dall’andamento generale delle minacce sanzionarie. Ma è il caso di rivelarvi un segreto: lo sapevate che esistono anche le guerre economiche e finanziarie, oltre a quelle guerreggiate? Vi giunge nuova che merci e prezzi possano essere usati come arma? E, se siete nelle condizioni di scegliervi alleati e quindi avversari, è giusto che riteniate di aver contratto un patto matrimoniale tanto vantaggioso quanto indissolubile o ritenete che sarebbe piuttosto il caso, se non altro, di rivedere le condizioni contrattuali della vostra unione? 

Per Fatih Birol, leader dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, la colpa dell’aumento dei prezzi è solo russa. Potrebbe inviare più gas: perché non lo fa? Resta un mistero come si possa minacciare un interlocutore di sanzioni e al tempo stesso rimproverarlo in quanto partner commerciale reticente. D’altronde, Putin ribatte che la Germania ha rivenduto il gas a Polonia e Ucraina anziché usarlo per il proprio mercato interno. Intanto, la russa Gazprom e la turca Botas fanno affari per conto loro, attraverso il Turkish Stream. Intanto, Russia e Cina stanno procedendo con il loro nuovo progettato gasdotto, il Power of Siberia – 2, che in qualche misura le metterebbe al sicuro da immediate minacce energetiche occidentali. 

L’argomento è interessante, anzi affascinante, ma anche pericoloso. Non stiamo assistendo a una partita di Risiko. Che i paesi euro-orientali di fresco aderenti alla Nato non abbiano ancora metabolizzato il loro rancore antirusso e che gli Usa se ne servano per le loro scelte diplomatiche e militari, non sarà cosa pulitissima però è comprensibile. Che altri Paesi, anch’essi aderenti storici della Nato, abbiano interesse ad assecondare i malumori ucraini o i meteorismi polacchi che gli americani alimentano in funzione antirussa, è già meno accettabile. 

Le bollette che stiamo pagando e ancor più quelle che pagheremo dipendono anche dalla crisi in corso. Siamo certi che sia bene andar avanti così? Questo silenzio assordante accompagnerà anche la prossima elezione del presidente della repubblica e la formazione del prossimo governo? Torna quasi alla mente il vecchio Nanni Moretti: “Andiamo avanti così: continuiamo a farci del male”.

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