La lettura dei Malavoglia andrebbe sostituita a scuola con quella di testi più semplici. Più emozionanti. Meno complessi ed angoscianti. Avendo anche io a suo tempo (molto tempo fa purtroppo) letto a scuola il romanzo di Verga mi sono interrogato sulla questione. Come si può interrogare una persona qualunque. In fondo libera dai condizionamenti (e dal sostegno) della cultura.
E dei tecnicismi di chi di mestiere fa il letterato, il critico letterario o lo scrittore.
Intanto sgombro il campo da quello che a me pare un equivoco. Il fatto che i ragazzi (ma anche gli adulti) nel nostro Paese leggano poco non deve essere collegato alla lettura di taluni classici prevista nelle scuole. Il motivo, infatti, per cui si facciano leggere agli studenti I Malavoglia o I promessi sposi non è quello di attrarli alla lettura, cosa legata a dinamiche totalmente indipendenti, talvolta anche casuali quali la tradizione familiare, le amicizie contratte, magari un incontro occasionale.
Determinati classici si studiano, più che leggono, perché hanno un grande significato. In essi ritrovi la ricostruzione di una temperie sociale, di una epoca storica, della qualità e delle condizioni di vita del tempo. In essi grandi scrittori hanno la capacità di non limitarsi a “veicolare messaggi positivi”, “far sognare”, “motivare” come ha osservato Andrea Di Consoli sulle colonne di questo giornale. Ma si sforzano, e riescono, a descrivere un mondo di sentimenti, di usanze, di scelte, intere aree temporali di storia. Si tratta di opere complesse. Intanto su questo punto ci dobbiamo intendere. I Malavoglia, tanto per restare all’esempio del capolavoro di Verga, sono un racconto avvincente che può essere letto anche soltanto come tale. La vicenda in sé, presa così com’è, è appassionante. Poi certo si può scavare sul suo significato profondo di storia dei vinti e degli sconfitti. Delle sofferenze di un mondo che conosceva soltanto la fatica brutale del lavoro per sopravvivere.
Un clima oggi, per fortuna, non più attuale almeno qui da noi. Ma la conoscenza del passato, delle vicende storiche deve o meno essere trasmessa ai giovani? Deve far parte del bagaglio culturale di un uomo? E perché non farlo attraverso pagine letterarie oltre che attraverso i manuali di storia? Un altro punto da sfatare è che occorra semplificare sempre a tutti i costi. Diceva Gramsci «non si può rendere facile ciò che è difficile senza snaturarlo». E lo sforzo di affrontare letture complesse è la chiave per affinare le menti dei ragazzi. Ai quali deve essere chiesto a scuola anche – ovviamente non soltanto - lo sforzo necessario a comprendere che c’è altro oltre la superficie delle cose. Ci può essere altro in un romanzo oltre il racconto preso sic et simpliciter.
Vorrei che fosse chiaro il mio pensiero. Non auspico una scuola tetra. Quella dove un sorriso è malvisto e, magari, anche occasione per ricevere una reprimenda o una punizione. Ma un luogo dove cresca la coscienza critica dei giovani affrontando qua e là qualche questione non esattamente superficiale. Insomma dopo Verga e Manzoni a cadere sarà poi Dante che in quanto a complessità può dar punti a tutti. E invece lo studio e la memoria di determinati testi (anche non integrale) costituisce un forte elemento identitario e di coesione della comunità nazionale. «Siamo di fronte ad una mutazione antropologica avvenuta negli ultimi decenni per la quale un libro è diventato un oggetto estraneo, se non ostile per le nuove generazioni» osserva giustamente Fabrizio Coscia sempre sul Mattino.
Ma questo è assolutamente slegato, a mio avviso, dal fatto che si leggano i Malavoglia o i sonetti di Petrarca. Il problema della scarsità di lettori, fenomeno non di oggi in Italia, affonda probabilmente le radici nei ritmi di vita che si sono andati via via affermando. Che non prevedono pause se non per utilizzare prodotti di rapido consumo. E comunque sul tema si sono spesi fiumi di inchiostro che non si possono riassumere in questa sede.
Certamente la qualità degli insegnanti è molto importante. La loro capacità di coinvolgere i ragazzi stimolandone la curiosità. Magari senza eccedere in quantità di conoscenze da stipare in mente. Ed anche la sperimentazione dell’uso di strumenti didattici alternativi può essere utile.
La rete, gli audiovisivi… Ma questo vale in ogni campo dell’insegnamento. Certamente a nessuno verrebbe in mente di eliminare lo studio delle derivate e degli integrali o della velocità e dell’accelerazione in un liceo. Di sostituire lo studio di Kant con qualche cosa di più semplice ed emozionante. Allora perché prendersela con I Malavoglia?
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