La class action di Stromboli ​ferita a morte

di Fabio Mangone
Giovedì 18 Agosto 2022, 00:00
5 Minuti di Lettura

Sempre più spesso e con maggiore frequenza si è affermato il principio che un ruolo attivo come soggetti della tutela dell’ambiente e del paesaggio possano averlo le comunità di riferimento: con ruolo di supporto, ma anche di interlocuzione critica. Ciò verso istituzioni pubbliche preposte spesso distanti o distratte. Ed è un bel segnale vedere come, di fronte alle recenti devastazioni, evitabili se le istituzioni fossero state “sul pezzo”, a Stromboli la comunità locale rivendichi la necessaria attenzione, anche con il supporto eventuale di azioni giuridiche.

Questa comunità si presenta coesa, forte, consapevole dei propri diritti, decisa a salvaguardare il territorio nella sostanziale inerzia delle istituzioni. Una agguerrita compagine che è costituita senza differenze da villeggianti, tra cui moltissimi napoletani, da proprietari di casa, da isolani, da operatori del turismo. Un primo bellissimo ed edificante episodio è stato rappresentato dai giovani villeggianti e dagli isolani che si sono prodigati per spalare le case, per smaltire i detriti caduti sulla spiaggia, per aiutare le persone maggiormente in difficoltà, per liberare le case dalle situazioni di maggiore disagio, integrando significativamente l’azione della Protezione civile, agita da operatori preparati e volenterosi, ma certamente in numero troppo esiguo rispetto alla entità del danno. Tra le immagini più singolari del dopo-disastro resta quella del principe Moncada, un autentico gattopardo siciliano (proprietario del notissimo palazzo Biscari di Catania), che armato di un elegantissimo vassoio rifocillava a ora di pranzo con le sue gustose pietanze volontari e protezione civile intenti a spalare senza sosta.

Ora è interessante constatare come la comunità degli strombolani di nascita o di adozione si stia facendo promotrice di una iniziativa forte, coesa, efficace. Un’azione volta per un verso a ripristinare uno stato di sicurezza e di normalità nell’isola, per l’altro a salvaguardare il patrimonio straordinario delle case eoliane, dell’ecosistema botanico, del paesaggio, dell’ecosistema. In realtà dopo che erano passati mesi dal terribile incendio di maggio provocato dalle riprese della fiction Rai, sarebbe stato necessario, anzi indispensabile, che gli enti preposti alla sicurezza e alla tutela paesistica e ambientale del territorio (dalla Protezione civile alla Regione, dal Comune alla Sovrintendenza) si fossero mossi tempestivamente per creare le condizioni di messa in sicurezza dei costoni ormai privi di quella vegetazione in grado di frenare piccoli e grandi smottamenti, e di inibire cadute di materiali a valle, tanto più in una situazione aggravata dall’enorme strato di cenere creatosi con l’incendio.

L’inerzia istituzionale è stata esiziale. Certo non si poteva prevedere se un acquazzone potesse verificarsi nella prima metà di agosto, a fine mese o a settembre o a ottobre; ma prima o poi il temporale estivo sarebbe avvenuto e bisognava prevederlo consolidando i costoni e mettendoli in sicurezza, per iniziativa degli enti preposti, rimasti invece completamente inattivi. Basti pensare che, di fronte alle pur note previsioni di tempo, non è stata data nemmeno l’allerta meteo. 

Ora, dopo che ci si è leccati le ferite, constatando che, se per fortuna non ci sono stati morti e feriti (ma per miracolo in certi casi), tuttavia i danni sono ingenti, e non tutti rimediabili (si pensi a motorini, lavatrici e mobilia varia finiti in mare con altri oggetti e detriti), si tratta di guardarsi attorno: bisognerà recuperare le cisterne, invase da cenere e fango, così necessarie per la sopravvivenza nell’isola, di riparare o ristrutturare le tante case gravemente danneggiate, alcune prive degli impianti, di riqualificare gli spazi verdi, i campi agricoli, gli oliveti, i canneti e i giardini devastati , e con essi recuperare i valori paesistici calpestati.

Si fa la conta dei danni ritenendo che l’intera comunità dell’isola fatta appunto di isolani, villeggianti, turisti, proprietari di casa, operatori del turismo, rivendichi una maggiore attenzione per quest’isola. Un’isola che purtroppo non pesa molto politicamente disponendo di comunità di circa 400; un’isola che da sempre combatte con le minacce della natura e che non può permettersi inerzia e disattenzione delle istituzioni; un’isola che possiede un patrimonio paesistico e ambientale da tramandare alle future generazioni. È radicata la convinzione che questo disastro ambientale poteva essere evitato: di qui nasce la volontà di mettersi assieme per in qualche modo fare la conta degli interventi a farsi, dei danni da risarcire, chiedendo ragione agli enti che avrebbero dovuto governare sulla sicurezza, e al tempo stesso diffidandoli a operare tempestivamente.

La vera preoccupazione è che possa ripetersi l’evento dannoso prima che ci si avvii a risolvere i problemi della stabilità della montagna; nulla impedisce di pensare che un nuovo temporale un nuovo evento meteo eccezionale possa di nuovo provocare in certe zone smottamenti e cadute di fango. Si sarebbe dovuto agire già nello scorso maggio: ma adesso si chiede di agire presto, senza sottovalutare la entità delle azioni e delle risorse necessarie.
L’attività di questa comunità formatasi all’indomani del disastro, si tratti di diffide, class action, o di altre azioni di sussidiarietà, appare molto importante; perché in qualche modo trasforma l’insieme eterogeneo costituito dalla popolazione dei residenti e dei villeggianti, dagli operatori e dai villeggianti, in una comunità che si sente non solo corresponsabile della tutela di ambiente e paesaggio ma anche promotrice attiva di misure concrete per salvaguardarlo, soprattutto quando gli enti preposti risultano disattenti e inclini a sottovalutare il problema.

Certamente ci vorranno anni per ricostituire la vegetazione e per restituire lo scenario naturale di Stromboli: nelle more è indispensabile mettere in sicurezza in maniera sostenibile il territorio. Il ruolo attivo che intende ricoprire la comunità isolana può rendere Stromboli un modello virtuoso e innovativo di partecipazione alla gestione del territorio, e in questo caso alla sua ricostruzione.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA