Sud, la giustizia in affanno per i troppi cambi di sede

Sud, la giustizia in affanno per i troppi cambi di sede
di Nando Santonastaso
Lunedì 17 Gennaio 2022, 22:30 - Ultimo agg. 19 Gennaio, 07:16
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È una delle tre principali cause delle difficoltà del Mezzogiorno di attrarre investimenti. I tempi lunghi della giustizia, soprattutto civile, a giudizio delle imprese vengono subito dopo la burocrazia e prima della criminalità. Non è ormai un mistero (dati 2021 del cosiddetto “disposition time”) che nei tribunali del Sud i tempi di un processo civile oscillano ancora trai 492 e i 674 giorni rispetto ai 282-341 del Nord e ai 383-440 del Centro.

È nel Mezzogiorno che si concentra il 50% del totale nazionale (al 2019) delle pendenze relative a procedimenti civili. E resta alta la carenza di magistrati, sia pure in calo rispetto a dieci anni fa: in organico nei 78 uffici giudiziari meridionali (62 Tribunali e 16 Corti d’Appello) ne sono previsti 3.093 ma le presenze effettive sono di 2.695, con una scopertura pari al 13% (si va dal 43% della Corte d’Appello di Reggio Calabria al 33% del Tribunale di Sulmona, dal 30% della Corte d’Appello di Cagliari al 17% di quella di Napoli e al 12% del Tribunale partenopeo dove mancano 37 magistrati). 

Ma il bicchiere, a dispetto di numeri comunque negativi e degli inevitabili pregiudizi che il tema propone da decenni all’opinione pubblica, non è sempre mezzo vuoto.

Ad esempio, a proposito delle buone prassi: «Non si rilevano gap organizzativi negli Uffici giudiziari del Sud Italia rispetto agli altri uffici del Paese», scrive la Commissione insediata dalle ministre della Giustizia, Marta Cartabia, e del Sud, Mara Carfagna, per monitorare sul campo la situazione dell’amministrazione della giustizia nel Mezzogiorno. E aggiunge: «Si riscontra, semmai, una minore possibilità, in alcune realtà territoriali, di accedere a risorse esterne al sistema Giustizia, facendo ricorso a finanziatori, quali gli ordini professionali, le camere di commercio, gli enti locali. L’assenza di un’adeguata attività di promozione e coordinamento ha messo in evidenza una bassa capacità di propagazione di tali iniziative virtuose da un Ufficio all’altro, accentuata anche dalla presenza di un numero maggiore di uffici e distretti di minori dimensioni».

Non è l’unico dato che fa emergere una certa discontinuità tra la percezione e la realtà dell’amministrazione della giustizia nel Mezzogiorno, fatti salvi come detto gap e disfunzioni organizzative tutt’altro che risolti. Dal lavoro della Commissione, presieduta da Maria Rosaria Covelli, capo degli Ispettori del ministero della Giustizia, che in tempi brevi darà vita a linee guida operative (in particolare su digitalizzazione e innovazione tecnologica degli Uffici, su cui le risorse del Recovery Fund possono molto), emerge una mappa meno critica di quanto ci si poteva aspettare. Non a caso, le due ministre in una dichiarazione congiunta, osservano che «questo lavoro smentisce non pochi stereotipi e rivela le cause profonde di alcune criticità»: in primo luogo, l’eccesso di turn-over negli uffici, e poi la difficoltà di ottenere supporto da soggetti esterni.

Scrive infatti la Commissione che in pochi mesi (l’insediamento è avvenuto prima della scorsa estate) ha ascoltato tutti i presidenti di Tribunali e di Corti d’Appello del Sud: «L’alto tasso di mobilità dei magistrati che caratterizza numerosi Uffici giudiziari del Sud Italia impedisce lo sviluppo di piani di gestione e di organizzazione del lavoro nel medio–lungo periodo, onde ridurre l’arretrato degli uffici e conseguire performance positive nella gestione dei flussi processuali in ambito sia civile che penale. Il fenomeno si associa ad una tendenziale maggiore scopertura nell’organico dei magistrati negli Uffici giudiziari del Sud rispetto agli Uffici del Centro e Nord Italia e determina, a volte, un circolo vizioso progressivo che rende sempre più oneroso e difficoltoso il lavoro presso le sedi giudiziarie periodicamente interessate da questo fenomeno». 

La Commissione propone una serie di misure per affrontare in modo definitivo il problema, a partire da maggiori incentivi per ridurre la mobilità verso le sedi disagiate, nella consapevolezza però che «l’attuale sistema di copertura dei posti vacanti e di mobilità dei magistrati, pur prevedendo incentivi e correttivi per far fronte a situazioni di scopertura e di turn over patologici, non è riuscito a garantire le esigenze e le risorse necessarie per una adeguata amministrazione della Giustizia».

Altro punto di criticità è l’edilizia giudiziaria. E qui si legge un po’ di tutto: carenze o inadeguatezza dei sistemi di condizionamento dell’aria; carenza di manutenzione straordinaria degli immobili; carenza di aule protette per gli utenti fragili; insoddisfazione per il livello di adeguatezza dei servizi relativi a parcheggi, trasporti pubblici, servizi igienici, presìdi di emergenza sanitaria, servizi di orientamento. «Tali carenze e/o inadeguatezze – scrive la Commissione - hanno una ricaduta negativa sul benessere del personale di magistratura e amministrativo e sugli utenti del servizio giustizia, con inevitabili ripercussioni sull’efficienza del sistema giudiziario». 

E c’è poi un fenomeno tipico, forse non solo al Sud ma qui particolarmente invasivo: l’eccessivo ricorso al Tribunale per risolvere questioni che si potrebbero tranquillamente affrontare con gli strumenti della mediazione giudiziaria, riducendo di molto il gravame di arretrati e la lentezza che condizionano la macchina giudiziaria. La Commissione scrive che «nelle aree del Mezzogiorno e delle isole la domanda giudiziale riveste una dimensione ipertrofica».

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