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MARIO DRAGHI

«Divari, al Sud spetta l'81%»: ma il dossier è bloccato

Quattro i settori individuati: le scuole, il sistema sanitario, la rete di trasporti e il sistema idrico

I tempi previsti dal lecreto legge
I tempi previsti dal lecreto legge
di Marco Esposito
Articolo riservato agli abbonati
Sabato 19 Novembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. : 07:25
4 Minuti di Lettura

È sparito. Il dossier sulla Perequazione infrastrutturale non è mai arrivato in Consiglio dei ministri nonostante l’obbligo di legge ad approvarlo entro il 31 marzo di quest’anno. La mancata approvazione è dovuta a un numero - 81% al Sud - basato su dati oggettivi ma che è apparso politicamente troppo lontano dal 40% previsto nel Pnrr. La scomparsa del documento, però, contiene in sé una buona notizia perché, almeno, il dossier è stato preparato, anche se ora è incagliato nei cassetti di qualche ministero. 

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La Perequazione infrastrutturale - vale a dire dare in tutta Italia la stessa rete di servizi di base - nasce con questo nome nel 2009 con la legge 42 (articolo 22), firmata da Roberto Calderoli. Per molti anni, però, è rimasta lettera morta in attesa di una fantomatica “ricognizione” dei servizi esistenti.

Tocca a Francesco Boccia, da ministro degli Affari regionali, riprendere il tema nel 2020, assegnando alla Perequazione infrastrutturale un fondo - 4,6 miliardi di euro da spendere tra il 2022 e il 2033 - e una data sul calendario per la ricognizione: il 30 giugno 2021. Ma, ancora una volta, non se ne è fatto nulla e la scadenza è stata prima rinviata al 30 novembre 2021, poi al 31 dicembre 2021 infine, con il decreto legge 121 dello scorso anno, si è indicato uno scadenzario serrato per passare dalla ricognizione al Dpcm, per poi lanciare il Piano di spesa da 4,6 miliardi entro il 30 aprile 2022, con il coinvolgimento in più passaggi delle Regioni e della Conferenza.

Nonostante una buona partenza, però, ancora una volta le scadenze sono state ignorate. Ma almeno ricognizione, secondo quanto risulta al “Mattino”, stavolta è stata fatta. Sono stati raccolti i dati necessari a individuare i divari e soprattutto è stato elaborato un metodo per pesare il disagio o il vantaggio di vivere in un territorio piuttosto che in un altro. Quattro i settori individuati: le scuole, il sistema sanitario, la rete di trasporti e il sistema idrico. I 4,6 miliardi da soli non sarebbero mai bastati ad annullare i divari ma la legge prevedeva, correttamente, di coordinare le azioni con il Pnrr e in prospettiva con i Fondi europei del 2021-2027. Raccogliere i dati e stimare l’effetto futuro dei fondi del Pnrr non è stato facile per cui il 31 marzo 2022 il dossier non era pronto per arrivare in Consiglio dei ministri e ovviamente era impossibile a quel punto rispettare la scadenza successiva, del 30 aprile. Sono stati necessari altri quattro mesi. Uno degli aspetti più complessi è stato definire il concetto di “accessibilità”, cioè la possibilità di usufruire davvero dei servizi teoricamente disponibili, con valori pesati in base al livello di servizi, al tempo necessario per raggiungerli e alla popolazione interessata. Una metodologia per molti aspetti innovativa, elaborata grazie al contributo dell’Istat, della Banca d’Italia oltre che dell’Agenzia per la Coesione. Le rilevazioni dell’Istat peraltro hanno consentito di colmare le lacune dei dati forniti dalle Regioni.

A fine luglio il dossier era finalmente pronto ma, nel frattempo, Mario Draghi si era dimesso. A quel punto c’è stata una discussione nel governo tra chi spingeva per approvare comunque il documento, rispettando anche se in ritardo un obbligo di legge, e chi chiedeva il rinvio considerando l’intervento sulla Perequazione infrastrutturale al di fuori dell’ordinaria amministrazione. A pesare, però, è stato soprattutto il risultato del dossier: per colmare i divari è necessario spendere oltre l’80% dei fondi nel Mezzogiorno.

Inutile dire che è prevalso il partito del rinvio. Il documento però è pronto e coinvolge almeno sei ministeri: le Politiche di coesione, gli Affari regionali, le Infrastrutture, l’Istruzione, la Sanità e l’Economia. Vale a dire, nell’esecutivo in carica, i ministri Raffaele Fitto, Roberto Calderoli, Matteo Salvini, Giuseppe Valditara, Orazio Schillaci e Giancarlo Giorgetti, con una netta prevalenza quindi di esponenti della Lega. Ma il titolare del dossier è Fitto, il quale ieri da Bruxelles ha dettato una nota: «Dobbiamo lavorare per trovare un equilibrio e accompagnare una riforma che possa rafforzare non solo l’unità del Paese, ma far compiere passi in avanti alle Regioni che oggi, senza autonomia, sono decisamente indietro». E i passi avanti non li fai senza la Perequazione infrastrutturale, assegnando i fondi non in base a scelte politiche bensì dove servono davvero, fosse pure il 100% in Valle d’Aosta oppure, come certificato nel dossier, l’81% nel Mezzogiorno. La Perequazione diventa quindi la carta principale per sbloccare il dialogo tra Regioni e, soprattutto, per mettere fine a un Paese con diritti legati al codice di avviamento postale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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