Piano delle riforme, ​l'Italia riparte dal Sud: cinque priorità per rilanciare l'economia

Piano delle riforme, l'Italia riparte dal Sud: cinque priorità per rilanciare l'economia
di Nando Santonastaso
Mercoledì 8 Luglio 2020, 00:00 - Ultimo agg. 11:02
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È uno degli architravi del Piano nazionale delle riforme che l’Italia presenterà all’Ue per garantirsi una cospicua fetta del Recovery Fund. Il Piano straordinario per il Sud 2030, presentato a febbraio ma poi costretto a restare al palo per l’esplosione del contagio da Covid 19, torna di assoluta attualità a riprova che la priorità Mezzogiorno non ha perso di intensità nell’agenda del governo. La pandemia e il rischio che il Sud paghi un prezzo sul piano economico e sociale superiore quattro volte alla media nazionale ne hanno anzi rilanciato tempi e contenuti, come si legge nell’ampio capitolo che il Pnr dedica al Mezzogiorno. 

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In un post su Facebook, non a caso, il ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Peppe Provenzano, ricorda che il Piano per il Sud 2030 (di cui egli stesso è stato il principale promotore) si porta dietro anche la crescita della dotazione complessiva del Fondo Sviluppo Coesione per il prossimo ciclo 2021-27 fino allo 0,6% del Pil pari, cioè, a 73,5 miliardi per l’intero periodo. «Poi arriveranno le risorse dall’Europa di Next Generation Eu e il nostro Green Deal, e per tutti gli investimenti pubblici si applicherà la riserva del 34% della spesa ordinaria per il Mezzogiorno - svrive il ministro -. Ma le risorse aggiuntive europee e nazionali della coesione devono essere davvero aggiuntive. È un impegno che prendiamo per noi è per i giorni che verranno. Se qualcuno non vorrà mantenerlo, dovrà spiegare perché. Sviluppo e riequilibrio devono andare insieme». 

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Il «Piano Sud 2030 - si legge nel Pnr - pur elaborato in un altro contesto presenta caratteristiche tali da renderlo uno strumento valido per guidare il necessario sforzo che dovrà essere prodotto già a partire dalle prossime settimane nelle regioni meridionali e nelle aree marginalizzate per far ripartire il Paese». Nel triennio 2020-2022 il documento prevedeva, e ovviamente continua a prevedere, la massimizzazione dell’impatto delle misure previste nella legge di Bilancio per l’anno in corso, a partire dall’aumento degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno senza pesare con ulteriori oneri sulla finanza pubblica. Il presupposto operativo, in altre parole, rimane il riequilibrio della spesa ordinaria in conto capitale e con esso l’accelerazione della spesa aggiuntiva sia in termini di competenza che di cassa. In soldoni, niente più sprechi di risorse ma soprattutto rispetto della quota destinata al Sud senza dimenticare che il limite del 34% è già stato di fatto superato in occasione del riparto degli oltre tre miliardi di euro stanziati dal ministro della Salute per il potenziamento delle terapie intensive durante la fase acuta della pandemia. 

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Cinque gli asset di fondo del Piano, cinque priorità che vanno dall’istruzione al capitale umano, dalle nuove infrastrutture materiali e digitali alla svolta ecologica, dallo sviluppo dell’innovazione al rafforzamento delle Zes. Ma proprio la pandemia ha reso ancor più attuali anche gli interventi previsti per le aree interne (200 milioni inseriti nella legge di Bilancio più altri 90 milioni per interventi di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali). «La strategia nazionale per le aree interne diventa ancora più attuale con l’emergenza Covid-19. Dal fronte sanitario al modello didattico alla mobilità sostenibile, essa rappresenta un modello di riferimento per le strategie di contenimento e mitigazione del rischio di diffusione del contagio».
 


Aggiuntivi e comunque indispensabili, i Fondi strutturali europei restano un passaggio obbligato del Piano per il Sud 2030. In piena emergenza il ministro ha ottenuto da Regioni e ministeri la possibilità di utilizzare circa 7 miliardi per spese destinate sui territori a frenare la pandemia, confermando alle Regioni l’impegno a recuperare le risorse anticipate all’interno della nuova programmazione del Fondo sviluppo coesione. Ma che l’accelerazione sulla spesa dei Fondi europei sia di fatto avvenuta già nel 2019, anche se a ritmi non ancora ottimali, lo certificano proprio all’interno del Pnr i dati ufficiali su impegni di spesa e pagamenti certificati. Il livello complessivo di spesa certificata in tutta Italia è arrivato al 28,5% su un totale di 53,2 miliardi di risorse programmate. Rispetto ai 9,7 miliardi del 2018 si è registrato un incremento di spesa di 5,5 miliardi. Per raggiungere il target di spesa previsto a fine 2020 bisognerà procedere alla certificazione di ulteriori 4,3 miliardi. Per quanto concerne il valore delle risorse impegnate dei Programmi operativi siamo arrivati al 58,6% mentre i pagamenti si attestano al 30,7%, «superando di oltre un miliardo la spesa certificata alla Commissione europea a fine 2019». Un dato, quest’ultimo, che l’Italia potrà spendersi in sede di trattativa con l’Ue per i prossimi Fondi straordinari legati alla ripartenza del Paese. 
 

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