Sud, pioggia di miliardi: ora serve una visione

di Nando Santonastaso
Giovedì 28 Maggio 2020, 23:00 - Ultimo agg. 29 Maggio, 07:00
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Non si sa mai bene se essere più contenti o più preoccupati per l’annuncio di importanti risorse destinate all’Italia, come quelle promesse dall’Ue. Se si pensa alla zavorra costituita dalla burocrazia e dall’inefficienza complessiva della Pubblica amministrazione, o alla scarsa affidabilità della politica, è difficile non cedere al pessimismo. Riuscire a spendere tutto e bene rimane sempre un’impresa al limite del possibile, da noi.

E’ una sensazione che il Mezzogiorno conosce profondamente perché qui, ad esempio, l’utilizzo di fondi strategici per lo sviluppo, come quelli strutturali europei, non solo non ha ridotto il divario con il Nord ma è diventato soprattutto un sinonimo (per quanto spesso esagerato) di sprechi, di furberie procedurali come il ricorso ai cosiddetti progetti sponda, di ritardi cronici e spesso ingiustificati. Sarà così anche ora che tra misure di emergenza, riprogrammazione di soldi europei non ancora impegnati, recupero di risorse nazionali del Fondo sviluppo coesione e nuovo ciclo di Fondi strutturali 2021-2027 si potrà contare su altre decine di miliardi a breve e medio termine?

Il timore c’è, inutile negarlo, anche se la centralità recuperata - almeno in parte - dal Mezzogiorno nell’agenda politica del Paese potrebbe imporre ben altra direzione di marcia.

Proviamo a fare un po’ di conti, intanto, per capire in quale scenario ci stiamo muovendo. Per restare solo alle certezze, con la consapevolezza che in materia di finanza applicata alla politica anche quelle vanno prese con le pinze, si può ragionevolmente sostenere che sul piatto ci sono già adesso più di 20 miliardi da spendere subito, o quasi. Al netto cioè dei soldi destinati a sostenere soprattutto le imprese e i lavoratori colpiti dalla pandemia, il Mezzogiorno può contare sui 5,6 miliardi derivanti dall’attuazione della legge sulla riserva del 34% della spesa ordinaria dei ministeri ormai entrata in vigore; sui 6,5 miliardi derivanti dal recupero della capacità di spesa del Fondo sviluppo coesione (il famoso “tesoretto” destinato all’80 per cento al Sud ma poco attivato in passato, anche perché dirottato a volte verso altre anomale destinazioni); sui circa 4 miliardi di fondi Ue finora riprogrammati dalle Regioni per spenderli in funzione dell’emergenza da Covid-19; sul miliardo anticipato sempre dall’Fsc e inserito nel decreto “Cura Italia”. Ad essi vanno aggiunti i finanziamenti già previsti dalla legge di Bilancio 2020, come le proroghe del credito d’imposta per gli investimenti e l’acquisto di macchinari per le imprese, e del bonus per l’occupazione (sgravio totale per il primo anno, al 50% per i due successivi), il nuovo fondo «Cresci al Sud» destinato alle Pmi (250mila euro con la supervisione di Invitalia), l’aumento del circolante fino a 40mila euro per i soci delle nuove imprese per giovani, finanziate per oltre 1 miliardo da «Resto al Sud». 

E ancora i 120 milioni di euro nel triennio per le aree interne, altrettanti 120 milioni per il Terzo settore (decreto Rilancio), il rifinanziamento del bonus per il bonus Ricerca e sviluppo (48,5 milioni per ogni anno a partire dal 2020 e fino al 2022), i 300 milioni sbloccati per le Infrastrutture sociali.

Non è poca roba, se si considera l’effetto moltiplicatore di alcune misure e la grande attesa delle infrastrutture ferroviarie e portuali sempre associata alle potenziali opportunità del Sud. Forse non sarà mai abbastanza ma è ormai difficile capire quanto occorrerebbe al Mezzogiorno per essere finalmente competitivo e padrone del proprio destino. Oltre tutto dietro l’angolo, si intravedono già i nuovi fondi strutturali europei del prossimo ciclo di programmazione, altri 30 miliardi più i 24 miliardi del co-finanziamento nazionale. E il peso della politica di coesione nel fondo da 55 miliardi appena annunciato da Bruxelles non si annuncia affatto trascurabile. Troppa grazia per non nutrire serie perplessità sulla capacità dello Stato e delle Regioni di spendere tutto, appunto, e bene? La lezione del Covid-19 sotto questo profilo può tornare utile: vivere di debito e di assistenza non è la strada praticabile ad oltranza, investire con chiarezza e trasparenza sui territori sin da subito, sì. E’ il compito che la politica deve imparare a svolgere una volta per tutte recuperando a se stessa, anche nel Mezzogiorno, la dimensione della concretezza e della visione cui troppe volte ha voluto abdicare per tornaconti elettorali, clientelismi, miopia. Con i risultati che tutti conosciamo e ai quali, forse, ci si è ormai colpevolmente rassegnati.
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