«Sul Recovery Mezzogiorno già in ritardo»

di Nando Santonastaso
Martedì 30 Novembre 2021, 00:10
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Ruota intorno ad una preoccupazione seria per il futuro del Pnrr in chiave Mezzogiorno il Rapporto 2021 che la Svimez presenterà stamane a Roma, con l’intervento del ministro per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna. E cioè, che la capacità di assorbimento delle risorse del Piano di ripresa e resilienza, destinate alla riduzione dei divari territoriali, primo tra tutti quello tra Nord e Sud, non sia poi così scontata e assicurata.

In altre parole, che l’ingente quantità di soldi assegnati dall’Ue all’Italia non raggiunga il suo obiettivo, anche nei 5 anni, perché frenata per così dire da una serie di problemi che già adesso, con i primi soldi già arrivati, stanno emergendo. Si va dalle carenze progettuali delle amministrazioni territoriali del Mezzogiorno, che sarà difficile eliminare anche ricorrendo a piani straordinari di reclutamento e assunzioni di personale; al rischio che tra il Pnrr a gestione centralizzata e i fondi comunitari 2021-27 (con relativi co-finanziamenti nazionali) affidati alle Regioni si verifichino duplicazioni o sovrapposizioni inutili e pericolosi per l’assenza di un reale sistema di coordinamento.

Statistiche, indici specifici e la consueta affidabilità scientifica del Rapporto integreranno come di consueto l’analisi di fondo dell’Associazione guidata da Adriano Giannola. Ma che la preoccupazione di un cammino in salita per il Mezzogiorno sia fondata, nonostante gli 82 miliardi previsti dal Piano, sembra già un dato di fatto. Basta ricordare ciò che è accaduto in Sicilia per il bando nel settore degli investimenti idrici del ministero dell’Agricoltura. La Regione, caratterizzata da maggiori carenze infrastrutturali, non ha ottenuto neanche un euro perché nessuno dei progetti presentati aveva raggiunto gli standard qualitativi richiesti dall’Unione Europea. Dunque, come ha sottolineato al recente convegno di Capua dell’università Vanvitelli il direttore generale Svimez Luca Bianchi (che terrà la relazione base del Rapporto), “la minore capacità progettuale delle amministrazioni meridionali le espone ad un elevato rischio di mancato assorbimento”.

In altre parole, l’altissima probabilità che non siano capaci di accedere ai fondi renderebbe di fatto vana la quota del 40%, blindata dalla norma voluta dal ministro Carfagna. 

Un paradosso a tutti gli effetti che va a braccetto però con una situazione socio-economica nel Sud in cui non manca la partecipazione alla ripartenza in atto nel Paese ma nella quale, ad esempio, i consumi e la domanda interna risentono ancora di paure, incertezze e perplessità, e non solo per la risalita della curva dei contagi. “Le realtà a maggior fabbisogno potrebbero beneficiare di risorse insufficienti” ripete il direttore della Svimez, convinto che andrebbe rafforzato il supporto alla progettualità di questi Enti senza illudersi però che la soluzione si esaurisca nelle nuove assunzioni di tecnici nelle amministrazioni locali. Non è detto, infatti, vista anche la criticità delle selezioni in corso, che le nuove immissioni di personale assicureranno le competenze del livello richiesto. 

Ma il riequilibro territoriale, che, come la Svimez spiega ormai da anni, riguarda anche le aree del Nord sia pure in misura minore rispetto al divario storico, ha bisogno che tutti remino nella stessa direzione, dal governo centrale alle Regioni, ai Comuni. E qui scatta il sospetto che non ci sia ancora la necessaria integrazione tra Pnrr e politiche di coesione ordinarie, con le conseguenze già descritte in precedenza. Non è un tema per pochi eletti ma la dimostrazione di quanto sia ancora complicato affrontare il nocciolo di tutte le questioni: ovvero, come riuscire a spendere e bene tutti i 200 e passa miliardi che da oggi al 2027, tra Pnrr, Fondi europei, Fondo sviluppo coesione e quant’altro, sono assegnati al Mezzogiorno. Mai tanti come adesso, ma perché non diventino troppi c’è bisogno di gioco di squadra e di politica all’altezza. E non sarà facile averli entrambi. 
 

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