Agnelli è il grande sconfitto:
voleva diventare Signore d'Europa

Agnelli è il grande sconfitto: voleva diventare Signore d'Europa
di Francesco De Luca
Mercoledì 21 Aprile 2021, 23:30 - Ultimo agg. 22 Aprile, 07:00
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Il giovane Andrea, presidente a 35 anni, sognava di diventare il Signore d’Europa. Agnelli è il dirigente che ha vinto più titoli nella storia della Juve - 18 (9 scudetti) - ma è rimasto lontano dalla Champions, vera ossessione del popolo bianconero, perché nel 2015 e nel 2017 gli uomini di Allegri furono bastonati da Barcellona e Real Madrid. Non ha funzionato la successiva costosissima mossa di acquistare Cristiano Ronaldo. Negli ultimi due anni la squadra si è fermata agli ottavi, eliminata da Lione e Porto, non iscritti alla Superlega, quel circolo esclusivo che ha chiuso prima ancora di aprire dando un colpo duro al presidente, finito nella bufera per essere stato il promotore di un progetto sbagliato. Chissà se sarà anche quello di grazia per la sua gestione. Si rincorrono le voci sul possibile cambio al vertice della Juve, con l’ipotesi della nomina di Alessandro Nasi, vice presidente di Exor, la finanziaria del gruppo, e compagno di Alena Seredova, ex moglie di Gigi Buffon. Ci sono ipotesi anche per l’area tecnica, con il coinvolgimento di Marcello Lippi come coordinatore e di Cristiano Giuntoli, attualmente direttore sportivo del Napoli.

La resa di Agnelli sulla Superlega è avvenuta ieri mattina con una dichiarazione all’agenzia Reuters. Aveva letto commenti durissimi su “La Stampa”, con il riferimento all’Avvocato, lo zio di Andrea, che si sarebbe sicuramente opposto a questo club per vip, come ha scritto l’opinionista Marco Tardelli. L’Avvocato sapeva che metà Italia non amava la Juve e cercava con le sue battute di renderla simpatica. Il nipote ha scelto altre strade ed è stato sconfitto su tutti i fronti, non solo sulla politica calcistica internazionale. La squadra da lui affidata all’inesperto Pirlo sta per cedere lo scudetto all’Inter dell’ex Conte. Peggiore l’aspetto finanziario: il primo semestre della stagione 2020-2021 ha fatto registrare perdite per 113,7 milioni e debiti finanziari per 357. Eppure, nei primi anni della presidenza Agnelli i conti erano nettamente migliorati, con ricavi saliti da 240 a 620 milioni. Poi i costi sono cresciuti, le gestioni sono state sbagliate e i rifinanziamenti sono stati obbligati. Ecco perché Juve e Real Madrid avevano lanciato, con il supporto di JP Morgan, il progetto Superlega: era l’àncora di salvataggio del sistema ma soprattutto delle loro squadre.

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Questa stagione è cominciata male, con il caso Suarez. A distanza di pochi anni dall’inchiesta “Alto Piemonte” della Procura di Torino sulle relazioni tra la Juve e i tifosi organizzati in odore di ‘ndrangheta, il club è stato coinvolto in un’altra vicenda giudiziaria, quella dell’esame di italiano del bomber uruguaiano, definito «una farsa» dai magistrati di Perugia.

Agnelli ha difeso se stesso e i suoi collaboratori assicurando il rispetto dei regolamenti. Di rispetto il presidente aveva parlato anche il 4 ottobre a proposito della partita non giocata contro il Napoli perché la Asl aveva bloccato la trasferta degli azzurri. «Noi saremmo scesi in campo perché ci atteniamo ai regolamenti. Conta la lealtà sportiva». Provò a dare una lezione di stile a De Laurentiis, diventato poi suo alleato nella battaglia contro il presidente della Lega Serie A Dal Pino, di cui sono state chieste le dimissioni pochi giorni prima che scoppiasse la bomba Superlega rivelatasi subito un Superflop. 

Lo stile, già. La Juve continua ad esporre sui muri dello Stadium i due scudetti revocati dalla Federcalcio nel 2006 quando i bianconeri furono spediti in serie B per illecito sportivo. «Faremo di tutto per riaverli dalla Figc», aveva detto Agnelli perfino nell’ultima assemblea, quindici anni dopo. In questi mesi ha sofferto ad osservare la debole squadra di Pirlo, portato sulla panchina dei campioni d’Italia con un blitz a inizio agosto. Il presidente della Uefa, Ceferin, ha definito Andrea «un bugiardo» e dirlo gli è costato tanto perché è il padrino della figlia. Certe cose rientrano nello “stile Juve”: Sarri era stato definito «intoccabile» dal capo dell’area tecnica Paratici dopo lo scudetto e pochi giorni dopo venne licenziato.

Il nervosismo di Agnelli per i risultati deludenti è cresciuto sempre più. Quando ha ritrovato Conte in occasione di Juve-Inter di Coppa Italia, lo ha insultato dalla tribuna. «Coglione, pagliaccio».

Nel comunicato della Juve non vi sono tracce di scuse ai tifosi, quelle invece dette da Henry, azionista di maggioranza del Liverpool, e dall’ex campione del Milan Maldini. E, a proposito degli inglesi, al premier Johnson non sono piaciuti i riferimenti di Agnelli alle pressioni sui club della Premier. Adesso al presidente non resta che assistere alle ultime partite di campionato con la speranza di afferrare il quarto posto e partecipare alla Champions, proprio quella che avrebbe voluto accantonare. Ma la “rivoluzione” dei miliardari è miseramente fallita.

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