Tasse e beneficienza: perché anche
il 5 per mille non arriva nel Sud

di ​Antonio Uricchio
Venerdì 21 Agosto 2020, 00:00
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L’istituto del cosiddetto “Cinque per mille” è stato introdotto dalla legge finanziaria 2006 ed è stato ripetuto anche negli anni successivi.

È un istituto che consente la destinazione di una quota dell’imposta sul reddito sulla base di un’espressa volontà del contribuente a istituzioni meritevoli Comuni ed Associazioni no profit ovvero operanti nei settori della Ricerca Scientifica, Ricerca Sanitaria, Sport, oltre che a. Intervenuta in materia, la Corte Costituzionale ha configurato tali somme come provviste versate obbligatoriamente all’erario al fine di sostenere gli enti inclusi in un apposito elenco pubblicato annualmente dall’agenzia delle entrate, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e democraticità. Lo Stato, pur se soggetto attivo del tributo, assume la veste di “mandatario necessario ex lege” e di garante del rispetto della normativa di settore, non potendosi sottrarre all’obbligo di versare tali somme ai soggetti indicati dai contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi.
Nel collegare prelievo e spesa , l’istituto rende i contribuenti partecipi delle decisioni circa la destinazione e la gestione di parte delle risorse pubbliche: Se il contribuente, nell’apporre la propria firma nell’apposito riquadro, identifica l’ente beneficiario attraverso il codice fiscale, la propria quota del tributo sul reddito sarà attribuita interamente a quest’ultimo; nel caso in cui il contribuente non indichi alcun codice fiscale o ne indichi uno errato o relativo ad un ente non inserito negli elenchi pubblicati dall’agenzia delle entrate, la propria quota sarà ripartita nell’ambito delle finalità perseguite dagli enti nel cui riquadro ha apposto la propria firma, in proporzione al numero complessivo delle destinazioni dirette espresse.
Dei 500 milioni Euro totali annualmente distribuiti dal 5 per mille, la somma distribuita a istituzioni presenti nel Mezzogiorno è in media di 50 milioni l’anno mentre i rimanenti 450 milioni sono finiti nel Nord e nel Centro d’Italia. Ai primi posti come capacità di acquisizione delle risorse si collocano la Fondazione associazione italiana ricerca per il cancro, la fondazione piemontese per sul cancro, emergency life , medici senza frontiere, l’istituto europeo di oncologia, la lega del filo d’oro. I dati sono disponibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate al seguente link: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/2616507/5x1000+- Molto indietro nella graduatoria, le Università, che fatta eccezione per alcune riconducibili alle principali fondazioni private del settore (San Raffaele di Milano, Humanitas di Rozzano, Campus Biomedico e Policlinico Gemelli di Roma) vedono solo pochi atenei pubblici posizionati in modo utile, recuperando peraltro modeste risorse (il Politecnico milanese si colloca 59° mentre Padova, La Sapienza e la Statale di Milano tra il 125° e 193° posto) . Ancora più si collocano gli Atenei meridionali: mentre la Federico II è al 215 posto, Università di Cagliari è al 541, quella di Palermo al 595 e Università della Calabria, al 656. Per trovare il primo istituto meridionale bisogna arrivare a Casa Sollievo della Sofferenze (San Giovanni Rotondo: dove riposa Padre Pio, per intenderci), che risulta 36° con 1.300.000 euro. Vi è poi l’Istituto Tumori Pascale di Napoli, solo 46° con 885.000 euro; 71° l’IRCCS Neuromed del Molise con 535.000 euro; 93° la Voce di Padre Pio con 400.100 euro; 97° l’Ospedale Pediatrico Pausillipon/Santobono di Napoli con 407.000 Euro). Solo 5 enti meridionali nelle prime 100 posizioni, col distinguo che i primi 35 recuperano 195 milioni di Euro, mentre tra la trentaseiesima e la centesima posizione vengono assegnati appena 40 milioni, di cui meno di 3,5 agli unici cinque rappresentanti del Sud Italia. Verrebbe da pensare che le successive posizioni sono occupate invece solo da enti meridionali e invece ne troviamo solo altri 4 fino dal 100° al 200° posto (che concorrono per dividersi un totale di 25 milioni assegnati): 134° la Onlus Campana Antes (293.000 euro) e 141° l’Istituto tumori di Bari (171.000 euro), cui seguono l’Associazione Amopuglia e la Fondazione calabrese di Natuzza Evolo (186.000 euro a testa) rispettivamente 188° e 190°. Per trovare un beneficiario lucano bisogna arrivare al 230° posto (l’IRCCS CROB con 155.000 euro) e il primo siciliano arriva 252° (Missionari di Speranza e Carità con 120.000 Euro), a cui si aggiungono ulteriori 5 destinatari meridionali scorrendo la graduatoria dalla posizione numero 200 fino a 300 (che assegnano un totale di non più di 10 milioni di euro). 
Se da un lato non può passare inosservata la scarsa fiducia dei contribuenti meridionali nei confronti delle istituzioni presenti sui propri territorio, dall’altro va evidenziato come il meccanismo di riparto proporzionale nazionale delle quote di 5x1000 non espressamente assegnate dai contribuenti ad uno specifico destinatario aggravi il divario Nord – Sud , attribuendo ulteriori somme ai grandi percettori (in larga parte operanti nel Nord) . In pratica, anche chi non sceglie di destinare il proprio 5x1000 in realtà lo destina secondo scelte altrui e soprattutto anche in larga parte attribuendo risorse fuori dai propri territori. Preferibile sarebbe un meccanismo di distribuzione proporzionale su scala regionale delle somme non assegnate espressamente dai contribuenti ovvero predeterminare la destinazione delle somme non attribuite , valorizzando ad esempio la ricerca scientifica in materia sanitaria, anche in considerazione dell’emergenza COVID (finanziando ricerche specifiche ovvero finanziando i dottorati di ricerca in materia) D’altra parte, la volontà dei cittadini di utilizzare lo strumento del 5x1000 per finanziare la ricerca sanitaria è testimoniata dal fatto che oltre il 50% dei maggiori destinatari di tale finanziamento diretto sono enti di ricerca, istituti oncologici ed ospedali pediatrici. 
* Presidente comitato scientifico SIMA
 
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