Terra dei Fuochi, ultima occasione

di Marilicia Salvia
Venerdì 28 Gennaio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
4 Minuti di Lettura

Abbiamo visto e raccontato di vertici strombazzati e di accordi solenni - puntualmente carta straccia il giorno dopo - firmati in favore di telecamere nei palazzi del potere romano, nei saloni delle antiche residenze reali o negli eleganti teatrini di corte, ma mai avevamo visto un ministro/a della Repubblica presentare il suo lavoro, e impegnarsi pubblicamente a realizzarlo, davanti a un microfono sull’altare di una parrocchia di periferia, addosso un cappottone di panno ben allacciato per via del freddo e per colpa della mascherina neanche la soddisfazione di vedere immortalato il bel sorriso. 

È stata una cerimonia semplice eppure ricca di significati che è opportuno sottolineare, quella organizzata l’altro pomeriggio nella parrocchia del Parco Verde di Caivano, dove la titolare del dicastero per il Sud («ministro o ministra? Sono solo Mara») ha incontrato una cinquantina di sindaci in fascia tricolore, seduti nei banchi della chiesa come i fedeli ad una messa, per la sottoscrizione del nuovo piano, l’ennesimo, chissà se l’ultimo, messo a punto con l’intento dichiarato di riqualificare (non solo salvare) la Terra dei fuochi. Simbologia cristiana, il grande crocifisso sullo sfondo muto e severo testimone dei discorsi e delle promesse che hanno fatto da preludio alla firma del patto, ma attenti a non sprecare parole su presunte ingerenze clericali.

Quel crocifisso è lo stesso che tante, troppe volte ha dovuto consolare madri, fratelli, figli che qui hanno portato le bare, spesso bianche, di chi è morto ucciso dai veleni, non importa se esalati dai roghi o dalle guerre di camorra, che in fondo sono le facce della stessa medaglia. E quel parroco, emozionato e quasi incredulo, che ha aperto le porte della chiesa all’incontro è lo stesso che ad ogni funerale, ad ogni stesa, ad ogni abuso di creature innocenti non ha mai smesso di urlare l’assenza dello Stato, i suoi silenzi e le omissioni, la sua insopportabile indifferenza.

Mercoledì, invece, nella parrocchia di don Patriciello, nel cuore del Parco Verde, che è territorio di Caivano, che è uno degli epicentri più disastrati della disastratissima Terra dei fuochi, finalmente lo Stato c’era. Ed era lì non per cavarsela con qualche frase retorica ma «per ripagare il suo debito» verso cittadini che a quell’assenza, a quell’indifferenza «hanno pagato un prezzo altissimo». Mara Carfagna, giovane e tenace paladina di una politica che al di là degli schieramenti e delle convenienze del momento ama andare al sodo, quel debito lo ha quantificato, per adesso, in duecento milioni di euro. Soldi recuperati dagli avanzi del fondo di coesione 2014-2020, moneta sonante, già in cassa, e quindi immediatamente spendibili, per progetti già approvati e quindi cantierabili: non è una combinazione che si incontra facilmente, in un Paese governato da Sua maestà la (lenta) burocrazia, e perciò questa è una scommessa che a differenza di molte altre che l’hanno preceduta è davvero possibile vincere.

Con duecento milioni, peraltro parcellizzati su 67 diversi interventi da realizzare in 52 diversi comuni, non si potrà forse davvero restituire a questa terra il destino che le è stato strappato, ma un’altra storia sarà sicuramente possibile cominciare a scriverla: quei 67 progetti da realizzare in media con un milione o due (solo quello per la riqualificazione dei Regi Lagni, finanziato con 35 milioni, merita un discorso a parte) porteranno il risultato di una riqualificazione diffusa, di un innalzamento del livello di qualità della vita che può fare da preludio a una trasformazione, soprattutto sociale, più vera e profonda.

Parchi urbani, rigenerazione «smart» degli edifici di edilizia popolare, teatri e stadi rimessi a nuovo, piste ciclabili, lo stesso progetto promosso da don Patriciello, che intende realizzare un centro di competenze per studenti, imprenditori e operatori del Terzo Settore, non rappresentano in apparenza la risposta che ci si aspetterebbe quando si parla di Terra dei fuochi: e invece la risposta c’è, ed è il segno di un approccio nuovo, quasi rivoluzionario, perchè si parla di interventi che si aggiungono a quelli basici, dovuti, obbligatori delle bonifiche, e che puntano alla coesione, alla transizione ecologica, in uno sforzo che non separa, non distingue, ma accomuna finalmente la Terra dei fuochi al resto del Paese. 

Un cammino nuovo, che si fa insieme. Ma che - deve rimanere ben chiaro - qui è necessario più che altrove: se si fallisce qui, se si fallisce anche stavolta, riprendere la strada diventerebbe impresa impossibile. C’è l’impegno di una giovane ministra tenace e seria, ci sono l’entusiasmo e la buona volontà dei sindaci, c’è la benedetta ostinazione di quel parroco, a far ben sperare: ma poi ci sono i nemici di sempre, gli appetiti di una camorra stracciona al solito interessata a mettere le mani sugli appalti piccoli e grandi, la volontà delle organizzazioni criminali, e a volte di ignobili potentati politici, a che nulla cambi, in un territorio reso vassallo con il gioco sporco della violenza e dei ricatti. Il patto stretto in parrocchia, insomma, da solo non basta, andrà rinnovato ogni giorno, ogni passaggio andrà sorvegliato e accompagnato, fino a risultato raggiunto. Perché a volte i miracoli avvengono: se gli si dà una mano, decisamente di più. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA