«Ora faccio l’americano
È la mia seconda vita»

di Federico Vacalebre
Giovedì 1 Dicembre 2016, 23:44
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Le classifiche di (scarse) vendite dei big del pop italiano dicono, oltre che di una ormai devastante crisi discografica, anche della difficoltà di sintonizzarsi con le nuove generazioni. Problema che non sembra avere Tiziano Ferro, che pubblica oggi «Il mestiere della vita» a cinque anni da «L’amore è una cosa semplice» e, alla testa di una personalissima factory disegna un sound (post)moderno, elettronico ma con aperture melodiche, sospeso tra falsetti e talkin’, aperto alle tendenze dance della trap ma anche capace di evocare Venditti («La tua vita intera») e derive postbattistiane («Quasi quasi»). Difficile scappare alla trappola da colla a presa rapida e duratura ordita nell’incrocio tra pop e nu r’n’b con il fido Michele Canova Iorfida.

Il più moderno dei nostri hit maker dopo aver lavato per anni i panni nel Tamigi ora batte bandiera americana?
«No, però... È successo che avevo bisogno di cambiamenti e, quasi per caso, di sicuro contro la mia previsione, mi sono ritrovato di casa a Los Angeles: doveva succedere qualcosa ed è successo qua, centro di gravità dove non credevo di potermi sentire a mio agio, di potermi fare dei nuovi amici, una casa».

Apre le danze «Epic», scritta con la sempre più lanciata Baby K. Doveva essere un duetto.
«Sì, avevo pensato a Chris Brown, ma fu arrestato proprio mentre lo stavamo cercando, così...».
«Ora voglio un’altra vita, ora voglio stare meglio», dice il testo, che usa anche l’inglese.
«Mi piace unire le lingue delle canzoni che ascolto, delle terre in cui mi muovo. Questo lavoro è un po’ l’inizio di una nuova vita per me».


La parola vita ricorre anche nella title track.
«A Los Angeles tutti vogliono fare piuttosto che dire: nella foto di copertina attraverso la strada per andare a lavorare, accetto la sfida quotidiana dell’esistenza».


Il primo singolo, «Potremmo ritornare», ha provocato migliaia di commenti sui social: ma come, scrivono, Tiziano dopo aver fatto outing parla d’amore per una donna?
«Ecco, in canzone spesso si banalizza tutto. È un pezzo composto pensando ad una persona che non ho più accanto e che, sì, è una donna, ma... Un uomo non meriterebbe una cosa così, un addio, un per sempre, non certo un invito a tornare da me».


Ci sono pezzi scritti a sei mani, coinvolgendo Alex Vella, Emanuele Dabbono, Davide Simonetta...
«Mi piace la scrittura collettiva, il modo di fare musica in studio, con ognuno che mette il suo contributo, nei testi come nella musica, brillando uno più nel riff, l’altro nel ritornello o nell’uncino melodico. Mi piace scommettere sui giovani, sono coautori scelti per il contributo che mi possono dare, non certo come griffe-specchietto per allodole. Quando componi sei nudo, se stai bene con te stesso puoi mostrarti anche agli altri».

«Quasi quasi» cita Almodovar.
«Qualsiasi cosa Pablo faccia, dica, diriga mi piace e parla di me. Ma la cosa ironica è che, nella versione originale del pezzo, scritto dalla mia amica spagnola Silvina Magari, lei parlava piuttosto di un film francese. Ognuno di noi ha il suo immaginario, stavolta ho imposto il mio».

Capitolo duetti.
«C’è Carmen Consoli in “Il conforto”: è una delle cose migliori che io abbia fatto finora, ho voluto dividerla con la mia artista preferita».


E c’è Tormento in «My steelo».
«È un omaggio e un ricordo degli anni in cui facevo il corista ai Sottotono, in cui sognavo che la musica potesse diventare il mio lavoro, il mio futuro».


Un tormentone pronto per i concerti estivi.
«Ma anche una voce di dentro che lascio uscire quasi di nascosto».
«Tu a 16 anni hai già un video in rete/ a 17 droga, noia, droga, poco, niente», cantano i versi.
«E poi parlano dei miei 18 anni, ansioso e ingenuo. Non sono tra quanti condannano le nuove generazioni, ma social e talent show fanno saltare tappe ed esperienze fondamentali».


Chiudiamo con il tour, al via l’11 luglio 2017 da Lignano: duecentomila biglietti già venduti, doppia data a San Siro e all’Olimpico, 12 luglio all’Arechi di Salerno: Napoli non c’è.
«Sarà una gioia quando ci daranno, col necessario anticipo, il San Paolo, o un altro spazio. Fino a quando negheranno lo stadio, lo concederanno solo in parte, o con incertezze andremo a Salerno o dove siamo bene accetti. Chi investe in un mio concerto, chi ci lavora e soprattutto chi viene a vederlo merita rispetto».
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