Perché il conflitto
può avere una sola fine

di Alessandro Perissinotto
Lunedì 18 Aprile 2022, 08:00
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Esiste un sottogenere della letteratura fantastica chiamato Ucronia. Sono ucronie quelle storie che, invece di proiettarsi verso il futuro come fa la fantascienza, riscrivono il passato immaginando esiti diversi per alcuni eventi chiave. La trama ucronica più diffusa è quella che racconta come sarebbe stata la seconda metà del Novecento se Hitler avesse vinto la guerra: ci sono autori che immaginano un mondo distopico interamente sotto il tallone del nazismo. E altri che, con visione non meno distopica, descrivono la difficile sopravvivenza delle democrazie occidentali, sconfitte ma non annientate, al cospetto di un sistema dittatoriale nato dalla ritrovata alleanza tra al Germania hitleriana e l'Unione Sovietica staliniana. Come spesso accade, quando la letteratura si volge al passato lo fa per mettere in guardia contro i pericoli che verranno ed ecco che gli sviluppi del conflitto ucraino (e, curiosamente, ucraino è anagramma perfetto di ucronia) ci ripropongono l'interrogativo fondamentale della storia contemporanea: cosa succederebbe se un dittatore vincesse una guerra di vaste proporzioni? Nel suo discorso dell'altro giorno, Zelensky ha detto che la guerra può finire solo con una sconfitta della Russia; volendo spendere un po' di ottimismo, la sua posizione pare largamente condivisibile, ma la realtà è che gli esiti dell'invasione russa in Ucraina possono essere due: la sconfitta di Putin o la sconfitta globale delle democrazie occidentali, proprio come nelle ucronie più fosche. Pensare a un'Europa e a un'America che, dopo la fine delle ostilità, convivono pacificamente con la Federazione Russa di Putin dimentiche dei massacri di civili è come immaginare Kennedy che stringe la mano a Hitler e gli dice: «Caro Adolf, in nome della pace, del progresso e della collaborazione economica, mettiamo una pietra sopra quella brutta storia del genocidio degli ebrei e chiudiamo un occhio sul fatto che state occupando la Polonia, la Norvegia, mezza Francia e un qualche altro Paese.» La seconda guerra mondiale poteva concludersi solo con la morte di Hitler perché non c'era più alcuno spazio di coesistenza tra l'umano e il disumano; questa guerra potrà concludersi solo con la morte politica di Putin: solo incenerendo il corpo del suo dittatore la Germania ha potuto rinascere e inserirsi nel contesto internazionale, solo incenerendo l'immagine del suo Zar la Russia potrà ritrovare un posto tra le nazioni.

Questo è il concetto che Biden aveva espresso con forza e, anche se la diplomazia lo ha costretto a rimangiarsi le parole, il senso di quel discorso rimane. Ma essere cauti con le parole, essere tiepidi sulle sanzioni, non servirà a impedire la terza guerra mondiale, perché la terza guerra mondiale è già iniziata: quella che stiamo vivendo oggi, e non c'è nessuna originalità in questa affermazione, è la drôle de guerre del 1939, è la strana guerra, confinata a spazi ristretti, a zone che certa politica occidentale (e ancor più certa finanza) ritiene sacrificabili, come nel 1939 ritenne, nei fatti, sacrificabili la Polonia, la Cecoslovacchia o la Finlandia. La Storia, quella vera e non quella immaginaria delle ucronia, ci dice quanto costò al mondo quella strategia attendista, quel desiderio di salvare capra e cavoli, in nome di una non belligeranza (o di una belligeranza limitata a qualche scaramuccia) che non era pace. Rileggiamoci l'andamento della drôle de guerre (e, allo scopo, basta anche una banale pagina di wikipedia) per renderci conto di come il 1939 e il 2022 si incontrino senza bisogno di ricorrere alla letteratura fantastica. Centellinare le sanzioni alla Russia nel tentativo di non danneggiare troppo la nostra economia può essere una strategia prudenziale, ma può anche essere la peggiore imprudenza che commettiamo, perché un'industria ferma per mancanza di energia si riprende più facilmente di un'industria distrutta dai missili russi, perché solo rendendoci conto che la terza guerra mondiale è iniziata abbiamo qualche possibilità di vincerla limitando gli spargimenti di sangue. Questa guerra possiamo vincerla o perderla, possiamo vincerla col sacrificio economico o perderla col sacrificio delle nostre vite e di quelle dei nostri figli, ma non possiamo evitarla, perché ha già bussato alla porta. Ogni guerra deve avere uno sconfitto e se non sarà Putin, allora sarà la democrazia. Facciamo un rapido calcolo di quante sono le dittature nel mondo e di quale potere hanno: sono divise tra loro, ma, all'occorrenza, hanno dimostrato di saper fare branco: se il primo che attacca non viene sconfitto, gli altri ne seguono l'esempio (esattamente come nel 1939 quando l'Urss imitò la Germania e invase la Finlandia). La terza guerra mondiale è adesso e non è un'ucronia. 

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