Usa-Russia, il telefono rosso ​che manca

di Pietro Spirito
Venerdì 29 Aprile 2022, 00:00 - Ultimo agg. 06:27
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“Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba” (Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb), noto più semplicemente anche come “Il dottor Stranamore”, è un film del 1964 diretto da Stanley Kubrick. Eravamo nel pieno della guerra fredda, la crisi dei missili a Cuba era stata superata da poco. E ciò grazie alla sottile tela diplomatica che era stata assicurata dal telefono rosso che metteva in comunicazione JFK con Nikita Cruschev. 

In una delle scene più famose del film, il dottor Stranamore decanta le doti dell’arma “fine di mondo”. Era l’incubo nucleare che si materializzava nell’immaginario cinematografico, cogliendone l’aspetto tragicamente comico, per sdrammatizzare una prospettiva che in quegli anni era assolutamente presente nelle relazioni internazionali, ed anche nella prospettiva delle singole persone.

Il business dei rifugi antiatomici toccava il suo apice, e, mai come allora, la guerra fredda sembrava incamminarsi verso la sua soluzione più cruenta. Proprio essere arrivati sul confine dell’abisso allora consenti’, probabilmente, di aprire una nuova stagione di dialogo e di disgelo tra le superpotenze. 

Oggi, nel pieno del conflitto ucraino, Vladimir Putin ha evocato lo spettro di “armi mai viste”, che possono essere utilizzate, in qualsiasi momento, contro i Paesi che appoggiano lo sforzo bellico dell’Ucraina. 

Nell’alone di mistero che circonda questa affermazione, sembra di essere tornati dentro l’atmosfera del dottor Stranamore, senza che ci sia alcuna venatura comica o ironica. La realtà, stavolta, rischia che superare la fantasia cinematografica. Con una venatura di mistero che rende la minaccia ancora più radicale. 

A sessanta anni di distanza dalla crisi cubana, il telefono fisso è stato sostituito da una batteria estremamente articolata di mezzi di comunicazione, molto più istantanei e molto più diffusi.

Eppure, tra i leader del mondo mai più profonda è stata l’incomunicabilità. Il fantozziano tavolo di riunioni di Vladimir Putin ne è in qualche modo il simbolo più tangibile.

E il silenzio imbarazzato della diplomazia internazionale evidenzia che le distanze tra le parti sono ancora troppo estese per tentare di essere colmate. 

Soprattutto manca la chiara definizione degli obiettivi russi, perché, in realtà, essi si stanno ridefinendo in corso d’opera. L’invasione iniziale manifestava l’intenzione di puntare sulla caduta del governo di Zelensky: così si spiega l’assedio di Kiev, poi seguito dal ripiegamento delle truppe verso le repubbliche del Donbass. 

Ora non è ancora chiaro se Putin si possa accontentare di affermare la sovranità russa sulla Crimea e sule repubbliche del Donbass, oppure è voglia anche conquistare Odessa o destabilizzare la Moldavia, consolidando l’occupazione di fatto della Transnistria per estendere anche in quel quadrante un percorso egemonico che punti a ripristinare la sfera di influenza territoriale della ex Unione Sovietica. 

“Le armi mai viste” non sono una parodia del dottor Stranamore, purtroppo. Sono la minaccia credibile di un leader che si trova a metà del guado di una “operazione straordinaria” dai contorni indefiniti. Operare in queste condizioni una de-escalation diplomatica non è un percorso semplice. 

Nella crisi cubana l’oggetto del contendere era chiaro: impedire alla Unione Sovietica di installare missili nucleari a Cuba, a poche centinaia di chilometri dalle coste americane. Il blocco navale fu l’escamotage utilizzato dalla politica per dare alla diplomazia il tempo di operare. L’accordo fu trovato, ed il mondo tirò un respiro di sollievo.

Oggi alla diplomazia manca il perimetro del campo di gioco. Senza questa incognita esercitare l’arte della politica risulta estremamente difficile. Forse, per rispondere alla tracotante provocazione di Putin sulle “armi mai viste”, dovremmo innanzitutto chiedergli: ma ci spieghi finalmente quali sono i veri obiettivi della Russia in questa “operazione straordinaria”, che a noi sembra una dissennata avventura di guerra? Saremmo tutti curiosi di conoscere la risposta del dottor Stranamore.
 

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