Noi, l’Ucraina e un Natale invocando pace e giustizia

di Bruno Forte *
Venerdì 23 Dicembre 2022, 23:57 - Ultimo agg. 24 Dicembre, 08:00
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Vorrei aprire questa riflessione sulla guerra scatenata da Putin in Ucraina ricordando la testimonianza di un amico, l’arcivescovo Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica di quel Paese, durante un incontro a Roma al quale entrambi partecipavamo. Ancora commosso, raccontava del momento in cui a Bucha era stata aperta la fossa comune e centinaia di corpi erano stati disseppelliti alla presenza dei diversi esponenti religiosi, ortodossi, cattolici e musulmani. A un certo momento la scena era diventata così straziante che tutti i presenti avevano cominciato a piangere ed erano caduti in ginocchio, sopraffatti dall’emozione e dal dolore. Bucha è una cittadina non lontana da Kiev, attraversata dalla strada principale che la collega con i territori al confine con la Bielorussia, punto strategico nelle intenzioni di Mosca per accerchiare la capitale ucraina.

L’esercito russo vi era rimasto per cinque settimane di occupazione fra febbraio e marzo, lasciando alla sua partenza numerosi corpi abbandonati per strada, spesso con le mani legate dietro la schiena, cadaveri in decomposizione, una grande fossa comune nel giardino della chiesa ortodossa della cittadina, persone nascoste negli scantinati, come hanno testimoniato i resoconti dei giornalisti dei media internazionali inviati sul posto. Basterebbe questo racconto per condannare l’operazione criminale che Putin ha scatenato, invadendo uno Stato sovrano e ricorrendo a ogni sorta di crudeltà pur di piegarne la resistenza, senza peraltro riuscirci. 

Purtroppo, all’agire disumano di Putin ha espresso appoggio il Patriarca di Mosca Kirill, vedendo in questa guerra «una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico». Non nascondo che - impegnato da anni nel dialogo con la Chiesa ortodossa - mi ha veramente addolorato il fatto che il capo della Chiesa russa si sia schierato dalla parte dell’aggressore e abbia dato il via libera a un conflitto deprecabile. 

La condanna di questo atto è arrivata peraltro da tutte le altre Chiese dell’Ortodossia. Più in generale, stiamo assistendo a quello che pensavamo non potesse avvenire mai più, e cioè che un aggressore con scopi di dominio e di potenza invada un popolo libero, democratico, nell’Europa dei diritti civili, delle conquiste sociali e della pace conquistata da più di settant’anni dopo l’immane tragedia della seconda guerra mondiale. Quello che è avvenuto è qualcosa di inaudito, che esprime una logica imperialista, spietata e inaccettabile: un autentico criminale di guerra colpisce un popolo libero e innocente. Contro tanta barbarie si è levata presto la voce di papa Francesco.

Così, all’Angelus di domenica 20 marzo, a meno di un mese dall’inizio dell’invasione russa. Francesco affermava: «Non si arresta, purtroppo, la violenta aggressione contro l’Ucraina, un massacro insensato dove ogni giorno si ripetono scempi e atrocità.

Non c’è giustificazione per questo… missili e bombe si sono abbattuti su civili, anziani, bambini e madri incinte... Penso ai milioni di rifugiati ucraini che devono fuggire lasciando indietro tutto e provo un grande dolore per quanti non hanno nemmeno la possibilità di scappare… Tutto questo è disumano! Anzi, è anche sacrilego, perché va contro la sacralità della vita umana!». Vladimir Putin è responsabile di questo tragico sacrilegio: usare Dio per giustificare un’aggressione ingiustificabile è un atto che merita una durissima condanna. Al tempo stesso, la bestemmia di Putin mostra tutta la sua debolezza: non potendo trovare argomenti a sostegno della sua azione criminale, ha osato legittimare come atto d’amore verso un popolo fratello la barbarie che ha avviato contro tanti innocenti. 

Più che mai, allora, chi crede deve chiedere a Dio il dono della pace nella giustizia e nella verità: una vittoria di Putin significherebbe tornare ai tempi in cui la legge della forza poteva cancellare la forza della legge. Fermarlo è necessario e drammaticamente urgente. Va rifiutato, certamente, ogni bellicismo sconsiderato. Va però parimenti rifiutato ogni pacifismo ipocrita: c’è un principio di carattere morale, anche cristiano, per cui è innegabile il diritto alla legittima difesa. Chi sostiene che Putin non sarebbe così violento se gli ucraini si fossero arresi, nega l’evidenza: a un attacco che ha distrutto ogni valore umano l’aggredito sta opponendo una nobilissima resistenza, una difesa - come Volodymyr Zelensky ripete continuamente - che è sì del popolo ucraino, ma è anche degli altri paesi europei e dell’umanità intera.

È papa Francesco a indicare la via da seguire: da leader spirituale mondiale, ha condannato nettamente l’azione di morte della Russia. Allo stesso tempo, ha mostrato quotidianamente il suo impegno a favorire il dialogo e sostenere le ragioni di un incontro tra aggressore e aggredito, invitando alla solidarietà pronta e generosa verso chi sta soffrendo. Incessante, poi, è stato il suo invito alla preghiera per la pace. È tempo, allora, di impegnarci tutti convintamente nella denuncia della barbarie, nella solidarietà verso chi soffre, nel sostegno a ogni passo che vada in direzione di una pace giusta e duratura. È la richiesta che dovrà animare la preghiera dei credenti al Dio che viene fra noi nella debolezza e nella tenerezza del presepe. Oggi più che mai, va invocato per tutti un Natale di giustizia e di pace…

* arcivescovo di Chieti-Vasto 

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