Un'azione anti-crisi per lavoro e imprese

di Angelo De Mattia
Sabato 2 Luglio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 07:05
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L’imposta più iniqua, l’inflazione, morde duramente: in Italia è salita all’8%, ai livelli degli anni ottanta, mentre in Europa addirittura all’8,6. Quella di fondo, senza cioè i beni energetici e alimentari, è al 3,8%. Se si pensa che per conseguire il mantenimento della stabilità dei prezzi, alla Bce incombe il dovere di agire per condurre l’inflazione al 2% in una prospettiva di medio termine, si misura agevolmente la distanza rispetto ai dati di oggi. Era prevedibile da chi governa la politica monetaria? Appare evidente che sono stati tardivamente interpretati lo lo stato d’eccezion nel quale continuiamo a trovarci per la guerra in Ucraina, per gli impatti della pandemia, per il non adeguato funzionamento delle catene di approvvigionamento e, non certo per ultimo, per la crisi energetica con riferimento agli aspetti strutturali che la caratterizzano, alla quale si uniscono il rischio della carestia per i Paesi meno sviluppati e, soprattutto in Italia, la siccità. Ma il governo della moneta deve fondarsi su una politica di anticipo e sulla determinazione ad attuarla agendo sulle aspettative: è questa la sua fondamentale missione.

È ciò che è accaduto in Italia negli anni Novanta quando la Banca d’Italia guidata da Antonio Fazio stroncò l’inflazione e le relative aspettative e riuscì a riportare gli spread Btp-Bund, che viaggiavano verso gli 800 punti base, a 200 punti per poi scendere ancora. Cruciale è la capacità di previsione, quella in cui la Bce, che pure dispone di persone e di strumenti di alto livello, purtroppo ha fallito continuando pervicacemente a sottolineare, come ha fatto la presidente Christine Lagarde, il carattere transitorio dell’aumento dei prezzi, sconfessata dalla realtà. Ha fallito pure la Federal Reserve, ma la sua ex presidente e attuale Segretaria al Tesoro Usa, Janet Yellen, si è prontamente scusata pubblicamente.

L’inflazione non è però solo materia di competenza della Bce. La sottovalutazione, venendo da una fase in cui si rischiava la deflazione, ha segnato anche le competenti istituzioni dell’Unione e dei singoli governi.

E’ mancato da parte della politica economica e di finanza pubblica un doveroso raccordo con la politica monetaria e viceversa. Per di più, si sono visti anche i limiti istituzionali di quest’ultima, dovendo fare i conti con realtà diverse, con possibili differenti esposizioni all’inflazione. Ora la Bce sta predisponendo lo “scudo anti-frammentazione”, meglio noto come “anti-spread”, e si spera che si tratti di una panoplia adeguata, non simbolica. Non va infatti sottovalutato il rischio di una recessione mentre si torna a parlare di stagflazione. Lavoro e impresa dovrebbero essere al centro dell’azione di difesa e del contrattacco a livello nazionale e accentrato. Sostenere i ceti più colpiti è un imperativo. Vanno bene, per l’urgenza, le misure adottate dal governo sul fronte delle bollette, ma è doveroso tenere conto del debito. L’ideale sarebbe mettere a punto un piano organico anti-inflazione di rapida attuazione che, con riferimento anche ai problemi dell’energia, si raccordi con gli impegni, di più lunga prospettiva, del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Fatti i dovuti cambiamenti, lo stesso deve avvenire a livello europeo, rilanciando anzitutto il progetto del Recovery Plan, di cui si è parlato finora solo platonicamente. La Bce è chiamata non a un nuovo “whatever it takes”, ma ugualmente a fare ogni cosa riconducibile al mandato per contrastare l’inflazione onde evitare di commettere un nuovo errore. Sarebbe grave se si ripetesse ciò che viene ricordato in questi giorni a proposito dell’epoca di Paul Volcker alla guida della Fed quando esplose la schizofrenia tra restrizioni ed espansione, strette e allentamenti monetari. Occorre agire sui due versanti, della crescita e dei prezzi, bilanciando freno e acceleratore. Per reagire al primo shock petrolifero agli inizi degli anni Settanta, con i mezzi e nei contesti di allora, incomparabili a quelli di oggi, si riuscì a imbastire manovre di politica economica, monetaria e bancaria che impedirono l’aggravamento della crisi e posero le basi per il rilancio. Perché ora non dovrebbe essere possibile? 

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