Rispondendo alle domande del direttore de Il Mattino, Federico Monga, all’Arenile di Bagnoli sul nodo più immediato e urgente della pandemia, e cioè come gestire il necessario ritorno alla socialità estiva e poi, a settembre, scolare, in sicurezza, dando un ulteriore impulso agli obiettivi della campagna vaccinale Giorgia Meloni si è iscritta alla nuova categoria pandemica: i “nivax”, quelli che non sono né vax, pro-vaccino, né no vax, contro il vaccino.
Un problematicismo vaccinale, diciamo così, di lotta (Meloni) e di governo (Salvini), fatto di “sì”, “però”, “voglio capire”, “la questione è un’altra”, che complica la vita a Palazzo Chigi, e al ministero della Sanità, impegnati in uno sforzo complesso, ma soprattutto mette a repentaglio la salute degli italiani.
Un nivax, se davvero come sostiene non è in linea di principio contro i vaccini, ma vuole “solo capire” e “chiede chiarezza sul rapporto rischio-benefici”, non ha uno straccio di argomento razionale per i suoi “dubbi”, che sono già stati vagliati dalla comunità scientifica internazionale, ed hanno portato alla più imponente campagna di vaccinazione della storia, che certo ha scontato e sconta alcune incertezze, ma che non lascia adito a dubbi sulla sua necessità.
Quindi è difficile capire la condizione di perplessità della Meloni e di Salvini, che non è una no vax, una “terrapiattista” della virologia. A meno che non si cambi paradigma per capire una posizione comunicativamente pericolosa, perché contribuisce a diffondere proprio i dubbi che chiede di chiarire, e quindi a demotivare il ricorso al vaccino. E il paradigma è il solito della politica italiana dell’ammiccare. In questo caso ammiccante a chiunque non razionalizzi lo scontento – che è di tutti – di dover vivere e convivere con la pandemia, e di pancia pensi che poiché piove è colpa del governo ladro.
Più in concreto si dà voce allo scontento delle categorie più in difficoltà economica e/o esistenziale (ristoratori, turismo, giovani) puntando sul fatto che dopo due anni di stop and go non ne possano più e siano di fatto disposti a correre, e a far correre agli altri, più rischi di quanto sia ragionevolmente sostenibile.
Ma poiché Meloni e Salvini sempliciotti non sono, affermare che “non si può introdurre il Green pass per accedere alla socialità”, quando il suo scopo è proprio quello, renderla di nuovo fruibile in sicurezza la socialità, si capisce, detto da loro, a una sola condizione: guardare all’utilità marginale a fini elettorali dello scontento sociale che l’obbligo di contrastare la pandemia ovviamente produce. Un modo di fare politica che non fa bene al Paese e probabilmente neanche alla credibilità di chi sostiene queste tesi, ammesso che coltivi l’ambizione di sostituire a Palazzo Chigi Draghi, cui, tra una dichiarazione nivax e l’altra, fa sapere di star dando consigli su come governare la barca in pericolo del Paese.