Ieri altri 390 morti. E viene da deprimersi pensando che un mese fa, il 22 marzo, i decessi erano stati 386, gli stessi, come se a nulla fossero servite 8 milioni di vaccinazioni effettuate nell’ultimo mese, portando il totale a 16 milioni. Ma i numeri vanno letti tutti e quelli sui vaccini sono meno ballerini di altri, solo che impiegano del tempo per produrre effetti. Ma ormai ci siamo: un primo calo della curva dei morti misurata come media mobile settimanale è in corso dal picco del 13 aprile. Già dalla prossima settimana scenderemo sotto i 300 morti quotidiani, sempre come media su sette giorni, cioè utilizzando una tecnica statistica che permette di annullare gli effetti dei valori ballerini per il fine settimana. L’obiettivo psicologico di arrivare a meno di cento morti al giorno non è lontano: le curve indicano come data obiettivo il 20 maggio. In pratica tra un mese i decessi saranno un quarto del livello attuale. Non vorrà dire che la pandemia è alle spalle, ma sarà il segno che l’evento fatale inizia a diventare raro.
Come nasce tale stima? Il primo fenomeno da comprendere è il tempo che passa tra una vaccinazione e la riduzione dei morti.
Non tutte le vaccinazioni però riducono davvero la curva di mortalità. La metà delle dosi è finita a persone con meno di 70 anni, le quali rappresentano soltanto il 14% dei morti. Tuttavia per le due categorie critiche (over 80 e 70-79 anni) ci stiamo avvicinando all’obiettivo più di quanto dicano i bollettini ufficiali. Si prenda la delicatissima categoria degli over 80, che da sola rappresenta il 62% delle vittime da Covid. In base all’ultimo report settimanale del commissario Francesco Paolo Figliuolo il 16 aprile era stato raggiunto con almeno una dose solo il 76% della platea, con oltre un milione di vecchietti in attesa della prima dose. In realtà la platea comunicata a Figliuolo è stata gonfiata da molte Regioni, come ha documentato il Mattino, in modo da ottenere più fiale. Inoltre gli ospiti delle residenza per anziani sono contati due volte (come ospiti Rsa e come over 80) anche se ovviamente sottoposti a un solo ciclo di vaccinazioni. La copertura con almeno una dose degli over 80, insomma, non è solo del 76% ma di dieci punti superiore e i vecchietti mai raggiunti sono meno di 700mila. Per la fascia 70-79 anni (che rappresenta il 24% delle vittime) la copertura con almeno una dose dei vaccino è ancora parziale, con 2,3 milioni di persone su 5,9 milioni, ma comunque ormai prossima al 40%. Questo significa che nella situazione attuale il tasso di mortalità degli over 80 entro i prossimi 28 giorni si ridurrà dell’86% mentre quello dei 70-79enni del 40%, con una riduzione media ponderata dei morti del 63% rispetto ai valori attuali. Per scendere sotto i 100 morti al giorno la riduzione deve essere del 75%, obiettivo raggiungibile quando la fascia 70-79 anni avrà una copertura dell’80% come prima dose, traguardo raggiungibile in una settimana, se non ci si distrarrà vaccinando categorie con età inferiore.
Qual è l’incognita in tale previsione? L’euforia da riaperture unita alle varianti ad elevata potenzialità di contagio. Se i contatti a rischio con le riaperture del 26 aprile dovessero moltiplicarsi e con essi i contagi l’aumento di vittime tra cinquantenni e sessantenni bilancerà la riduzione di decessi tra le fasce più anziane. Non bisogna mai dimenticare che ogni cento persone di 50-59 anni che si ammala di Covid, una muore. Una probabilità diecimila volte più alta di incappare in una grave reazioni avversa con il vaccino. I numeri, insomma, ci invitano a comportarci con rigore per arrivare tra un mese a smettere nel bollettino quotidiano di contare i morti da Covid a centinaia.