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Stupro di Capodanno a Napoli: «Io stordita e violentata, era droga dello stupro»

Da New York a Napoli, ecco la versione della parte offesa del processo

Aula di Tribunale
Aula di Tribunale
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 31 Marzo 2023, 23:47 - Ultimo agg. : 2 Aprile, 10:00
4 Minuti di Lettura

Ha rivisto il film di quella notte, alla luce delle immagini recuperate dalla telecamera. Ha assistito alla richiesta di condanna nei confronti dell’imputato e poi ha tirato un sospiro di sollievo. Accanto alla madre e ai suoi avvocati (i penalisti Claudio Botti e Caterina Migliaccio), sente di aver fatto la cosa giusta, perché sostiene «che c’è un momento in cui non si può essere assente». 

Aula 412, Tribunale di Napoli: eccola Alessandra, cittadina di New York, ritenuta vittima di violenza sessuale dopo essere stata stordita con la cosiddetta droga dello stupro. Una storiaccia che si sarebbe consumata la notte di capodanno di un anno e mezzo fa, nei pressi di via Kagoshima, in uno scenario che ieri ha spinto la Procura di Napoli a chiedere la condanna dell’imputato: sei anni di carcere per violenza sessuale con l’aggravante di aver usato la cosiddetta droga nello stupro. Un punto controverso quest’ultimo, che fa leva su una sorta di prova logica, ma non su test di natura tossicologica, dal momento che la denuncia venne sporta quando ormai erano trascorse diverse ore rispetto alla presunta consumazione del fatto. È toccato al pm Raffaele Tufano, magistrato in forza al pool coordinato dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone ricostruire la vicenda e vibrare la richiesta di condanna. Una versione diametralmente opposta rispetto a quella dell’unico imputato, un cameriere napoletano, che si è sempre detto estraneo alle accuse. Difeso dagli avvocati Francesco Paone e Giorgio Pace, l’imputato sostiene di essere innocente, dal momento che - a suo dire - avrebbe consumato un rapporto sessuale consenziente con la giovane donna newyorkese in visita a Napoli per qualche giorno, con cui condivideva rapporti di parentela incrociati. Ma torniamo all’esterno dell’aula di giustizia. 

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Spiega Alessandra al Mattino: «Quello che ho subìto quella notte non lo auguro al mio peggiore nemico. Ed è per questo che sono qui, che ho affrontato un viaggio lungo, pur di ribadire il dramma che mi è toccato vivere». Tensione a fette, la donna si racconta: «Vede, lo stupro è già di per sè un atto che ti annulla, che rappresenta la perdita totale della dignità di un individuo, ma se una persona viene drogata, subisce una violenza ancora più subdola, perché perpetrata nei confronti di una persona stordita, priva di coscienza, deprivata completamente della propria capacità di reagire. Non ho avuto neppure la possibilità di urlare, di difendermi, di far sentire il dolore dell’offesa che stavo provando. Quel giorno mi hanno rubato anche la memoria del dolore subìto ed è per questo che ho deciso di sporgere denuncia». Poi Alessandra si rivolge alle donne o comunque a tutte le persone che subiscono gravi violenze: «Non è colpa vostra, non dovete vergognarvi per quanto avete subìto, ma dovete camminare a testa alta, forti della vostra dignità, che nessuno potrà mai spegnere o usurpare». 

Video

Ma torniamo alla storia del processo, a partire dalla ricostruzione compiuta ieri mattina in aula. Siamo a Capodanno del 2021, mancano poche ore alla mezzanotte Alessandra è a tavola per il cenone con amici e parenti. C’è anche lui: l’uomo che oggi è accusato di essere uno stupratore. Tra i due c’è simpatia, c’è aria di festa, si beve del vino, poi il brindisi finale. Dopo la mezzanotte, finito il baccano dei fuochi d’artificio, Alessandra accetta l’invito di andare a bere qualcosa in uno dei baretti che illuminano la notte napoletana. Salgono in scooter, raggiungono un locale non lontano da via Kagoshima. Ed è all’interno di questo esercizio, che si sarebbe consumata la prima parte della presunta violenza arrecata alla cittadina americana. Le immagini acquisite dalla polizia sono chiare: i due vengono immortalati mentre entrano nel locale e si accomodano al tavolino; consumano un solo drink, perché così emerge dalle ricostruzione fornita dalle immagini ricavate dal sistema, poi lasciano il locale. Il resto della notte è buio pesto per Alessandra, mentre per il suo accompagnatore non ci sono mai stati dubbi: «Siamo stati insieme, ma io non l’ho drogata né violentata».  

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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