Roma, la rete di pusher dei licei: la base al Virgilio. Indagati 22 studenti

Roma, la rete di pusher dei licei: la base al Virgilio. Indagati 22 studenti
di Giuseppe Scarpa
Sabato 8 Giugno 2019, 00:02 - Ultimo agg. 13:53
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C’è una rete di alunni in grado di avvistare carabinieri e poliziotti fuori da uno dei più prestigiosi licei della Capitale, il Virgilio. Una rete capace di avvisare i loro amici, compagni di banco che spacciano fuori dall’istituto. Si vantavano di conoscere le “guardie” anche in borghese. Sembra che sia cambiato poco, dopo l’inchiesta del 2016, che aveva disvelato il giro di droghe leggere all’interno del prestigioso istituto di via Giulia. «Quando venite a vendere qui state tranquilli, vi avvisiamo noi...». Erano sicuri alcuni studenti-clienti. Rassicuravano i loro coetanei che gli vendevano marijuana e hashish. Peccato, però, che i cellulari di molti baby-pusher (appena maggiorenni) erano intercettati. Va verso la chiusura un’inchiesta della procura che riguarda ventidue giovanissimi, di cui otto minorenni, accusati di detenzione ai fini di spaccio.

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LO SPACCIO
Una rete di clienti composta, soprattutto, dagli alunni del liceo di via Giulia, nel cuore della Capitale. Una quindicina di ragazzi che si rifornivano sempre dallo stesso gruppo. Una banda che, tra l’altro, poteva contare anche su diversi galoppini, alunni della stessa scuola. Un’indagine portata avanti dai carabinieri della compagnia Roma centro che, per certi aspetti, è il seguito di un altro lavoro degli investigatori che, in passato, aveva fatto emergere lo spaccio di droghe leggere nel cortile dell’istituto. C’è da precisare, però, che la nuova inchiesta coordinata dalla procura amplia il giro di marijuana gestito da questa banda. Un giro di droga che non si limita al solo Virgilio. Si tratta, infatti, di una baby - gang estremamente popolare tra gli studenti di diverse scuole nei quartieri di Monteverde, Prati e Trastevere. Proprio a piazza Trilussa, cuore della movida romana, il gruppo di 22 ragazzi aveva subito, a marzo del 2018, un primo intervento delle forze dell’ordine. Addosso a 4 pusher erano stati trovati due chilogrammi di marijuana e duemila euro in contanti. Una quantità di droga e di soldi notevole, che aveva spinto la procura ad andare più a fondo. Gli investigatori avevano successivamente scoperto un appartamento a Monteverde utilizzato come centrale di spaccio. Una casa messa inconsapevolmente a disposizione, da parte della madre di una ragazza, studentessa del liceo Vittoria Colonna, leader assieme ad altri 4 ragazzi della banda di baby pusher. I ragazzi, inoltre, comunicavano tra di loro attraverso Telegram. Il servizio di messaggistica istantanea che permette di cancellare le conversazioni dopo averle lette. In questo modo l’interno gruppo si coordinava per gestire la vendita della droga nei quartieri centrali della Capitale, fuori dalle scuole o anche, spesso, direttamente a domicilio. I cinque al vertice della banda fornivano la marijuana e l’hashish agli altri componenti del gruppo, in totale 17. Infine quest’ultimi, a bordo dei loro motorini, recapitavano le consegne ai coetanei nei quartieri centrali della Capitale. Sempre al Virgilio, inoltre, i carabinieri della stazione di piazza Farnese, avvisati dagli insegnati, avevano sequestrato 3 grammi di eroina. Droga pesante che un professore, a maggio del 2018, aveva sequestrato a due alunni minorenni. Un caso allarmante, ad oggi unico, non collegato all’attività di spaccio della baby-gang.

IL PRECEDENTE
Tra gennaio e marzo del 2016, i carabinieri del tribunale di Roma, avevano piazzato cimici e telecamere nel grande cortile dell’istituto disegnato in pieno fascismo dal razionalista Marcello Piacentini. In questo modo avevano individuato otto giovanissimi pusher. Quattro maggiorenni e altrettanti minorenni. La richiesta di arresto per i più grandi, però, era stata respinta dal gip: «Nessun tipo di organizzazione (di spaccio, ndr) neppure embrionale è stata evidenziata». Assoluzione piena? Neanche per sogno. La rete di spaccio di via Giulia, scriveva lo stesso giudice, era un «fenomeno allarmante sotto il profilo educativo e sociale».

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