Whirlpool, una sconfitta
per il Sud e per tutto il Paese

di ​Nando Santonastaso
Martedì 17 Settembre 2019, 23:19
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Per quanto prevedibile o annunciata, la decisione della Whirlpool di cedere lo stabilimento di Napoli ad un’altra società è una sconfitta per tutti. Per la politica, in primo luogo, incapace - e non solo per questa strana vertenza - di dotare il Paese di regole chiare e inderogabili attraverso le quali gestire i rapporti anche con le più forti e arroganti company straniere presenti in Italia. Nessuno, certo, può negare loro il diritto di ripensare alla propria strategia per effetto di crisi prolungate o irreversibili di mercato.

Ma in questo caso si fa fatica a non pensare che la multinazionale degli elettrodomestici abbia di fatto gestito tempi e modalità delle sue ultime scelte a proprio piacimento, senza incontrare ostacoli neanche in sede governativa. Nemmeno il decreto ad hoc varato dall’esecutivo gialloverde, e peraltro insufficiente come avevano detto non solo l’azienda ma anche i sindacati, è riuscito a rallentare la corsa verso la cessione. È diventato carta straccia ancor prima di essere discusso e dunque prevedibilmente migliorato in sede parlamentare: quasi un record. 
Ma nemmeno la nomina del Conte bis e di un nuovo ministro dello Sviluppo economico ha consigliato una più che giustificata e persino obbligata fase di riflessione vista la posta in palio. E’ accaduto anzi l’esatto contrario. E cioè che proprio il vuoto politico di queste settimane ha di fatto accelerato l’addio di Whirlpool da Napoli, forse anche condizionato dall’esigenza di chiudere subito la trattativa con i nuovi acquirenti dello stabilimento. La politica è rimasta a guardare, bruciata sul tempo e sulle sue incapacità: troppo lenti i primi, troppo marcate le seconde di fronte a logiche commerciali che non possono essere contrastate senza norme adeguate e coraggiose.
Ma questa è anche la sconfitta di chi non ha ancora imparato a difendere fino in fondo il valore di una presenza industriale al Sud. Che non è affatto scontata, anzi, e che proprio per questo non può essere affidata solo alle mobilitazioni quando l’emergenza bussa alle porte. In genere quello è l’inizio dell’agonia, come la storia di tante aziende anche più importanti della stessa Whirlpool dimostra. Al Sud da sempre l’arrivo di un nome più o meno conosciuto sul piano imprenditoriale viene associato solo al numero di posti di lavoro che saranno assicurati: pochi, pochissimi si interrogano sul futuro delle produzioni previste, sugli investimenti in innovazione e tecnologia, sugli scenari di mercato che ad esse sovrintendono e che raramente mutano dalla sera alla mattina. Conta solo l’urgenza di soddisfare la maledetta fame di occupazione di queste terre, in nome della quale anche i più lungimiranti tra i sindacalisti devono accantonare dubbi e perplessità spesso legittimi. C’è in altre parole una mancanza di visione complessiva che esplode in tutta la sua gravità non appena i sorrisi diventano smorfie, le parole e gli accordi inutili. Quando poi, come nella vertenza Whirlpool, le decisioni arrivano da un altro continente questo distacco da logiche industriali che altrove sarebbero normali o di solida consuetudine, diventa insanabile.
Certo, Whirlpool ha trovato un acquirente che sarebbe disponibile ad assorbire l’intera manodopera. E si è anche detta pronta a sostenere questo passaggio a suon di milioni. Ma anche qui è difficile non ricordare le tante sconfitte che nel tempo hanno scandito i passaggi di proprietà industriali: storie di tempi infiniti per il riassorbimento del personale, di verifiche ministeriali o locali mai veramente tali, di progetti di riconversione rimasti sulla carta. Basta percorrere pochi chilometri tra le provincie di Napoli e Caserta per rendersi conto di cosa è successo negli ultimi 20 anni dentro e fuori le aree industriali del territorio. E toccare con mano le conseguenze che questa endemica precarietà continua a produrre anche a distanza di tempo. Ieri, proprio mentre a Roma veniva annunciata la cessione dello stabilimento Whirlpool, a Napoli i sindacati affrontavano l’ennesimo capitolo della vertenza Jacorossi, un tavolo che dura da otto anni…
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