Il calvario della bimba malata di Aids rifiutata dalla scuola e da 35 comunità

Il calvario della bimba malata di Aids rifiutata dalla scuola e da 35 comunità
Venerdì 30 Ottobre 2015, 01:59
3 Minuti di Lettura
Marilù Musto
Nella scuola perfetta, frequentata dai figli della buona borghesia, una bambina di 11 anni che pesa appena 16 chili sconvolge una quotidianità che sembrava inattaccabile. La bimba, Francesca, ha l'Aids: viene rifiutata dalla scuola media «San Giovanni Bosco» di Trentola Ducenta perché i genitori affidatari della comunità di Capodarco di Teverola la iscrivono tardi. Il 2 settembre. Il foglio che sventola tra le mani il dirigente scolastico Michele Di Martino, quando gli si chiede conto della cosa, è proprio quello dell'iscrizione. «La classe era in esubero, il rifiuto non ha riguardato solo la bambina, ma anche altri, non posso farci niente, noi siamo una scuola aperta a tutti». Già. Perché alla «Don Bosco», fiore all'occhiello dell'istruzione multididattica e interculturale della provincia di Caserta, i genitori fanno a gara per iscrivere i figli. Ma Francesca, nome di fantasia della piccola alunna, non è certo stata l'unica ritardataria.
Il sospetto che la sua malattia abbia potuto creare un pregiudizio prevalso sulla professionalità dei vertici dell'istituto ha iniziato a farsi strada nel pensiero di Fortunata e Antonio, i due genitori affidatari della bambina, quando anche la scuola media di San Marcellino, stando al loro racconto, ha chiuso le porte per esubero di alunni. Conclusione: da circa un mese e mezzo Francesca non frequenta la scuola. Ma Fortunata, la mamma adottiva, non ha ceduto: ha scritto una lettera al ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, pubblicata sul quotidiano Avvenire. «Non possiamo accettare una vicenda vissuta come violenza istituzionale - ha scritto Fortunata - perché Francesca ha diritto a crescere in classe come tutti, anche se ha un ritardo psichico ed è ammalata di Aids». Così, la lettera è riuscita a rompere il silenzio ed è arrivata dove la burocrazia si è fermata.
La Giannini, ieri sera, ha raccolto l'appello lanciato dalla mamma: «Quella bambina, che io chiamerò Francesca - ha dichiarato il ministro - entrerà in classe nei prossimi giorni. E quella città della Campania darà tutte le possibilità per farla rientrare a scuola, e se il dirigente scolastico ha rifiutato la sua iscrizione, non per un ritardo tecnico, ma per altro, allora pagherà per le sue responsabilità». La storia del rifiuto della piccola ha creato una sbavatura sull'immagine della scuola media «Don Bosco». Che adesso è sotto i riflettori del ministero. La promessa, ad ogni modo, verrà mantenuta. È possibile, infatti, che dopo il 2 novembre Francesca torni a scuola, in un istituto di un paese vicino.
D'altra parte, quando la piccola si trovava nella famiglia di origine, frequentava regolarmente la scuola ed è stata sempre promossa. Lo afferma proprio Fortunata. «Ha delle potenzialità infinite - spiega - è straordinaria e ha bisogno di interagire con gli altri bambini». Francesca ha subito tutte le cattiverie del mondo, anche la sua malattia è una conseguenza di ciò che è stata costretta a sopportare.
Fino a 10 anni è cresciuta dove i bambini poveri diventano adulti in fretta. Se avesse ceduto allo strazio del corpo che le è stato imposto, non sarebbe nemmeno viva. Invece Francesca vive, anche se prende 18 medicine al giorno. «L'abbiamo abituata a prenderle di mattina, dalle sette alle otto, in prospettiva di un suo rientro a scuola». Per mesi i due genitori affidatari hanno assistito a una sarabanda di informazioni che provenivano dalla Don Bosco e dal provveditorato.
«A luglio il preside si era dichiarato disponibile ad accogliere la bambina - spiegano Fortunata e Antonio - poi Francesca ha subito il trentaseiesimo rifiuto in 10 anni di vita». Sono state 35, infatti, le comunità di accoglienza accreditate al Comune di Napoli che non l'hanno accolta. «Mi ha chiamato l'ispettrice dell'Ufficio scolastico regionale - spiega infine Fortunata - stupita e dispiaciuta. Ora sta risolvendo la questione. Ma la violenza subita e l'offesa ai diritti non saranno cancellati facilmente. Quante famiglie vivono la stessa condizione di marginalità?». Ma questa domanda a Francesca non interessa. È troppo impegnata a vivere la sua storia invece di raccontarla.
© RIPRODUZIONE RISERVATA