Macchinisti sull'orlo della crisi

Macchinisti sull'orlo della crisi
Mercoledì 8 Marzo 2017, 05:02
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L'ennesimo caso di suicidio avvenuto in Polesine su un binario ferroviario ha riportato alla ribalta il dramma della depressione e delle difficoltà quotidiane che molti cittadini si trovano a fronteggiare, dall'isolamento sociale alla mancanza di svago, fino alle criticità nel reperimento di un posto di lavoro o negli affetti familiari. Esiste però una questione da non sottovalutare evidenziata dal professor Diego De Leo, vale a dire la caratteristica altamente traumatizzante di un gesto simile, non solo per i parenti stretti dell'individuo che lo compie, ma pure per chi vi assiste: un problema, in particolare, che riguarda gli stessi macchinisti e operatori dei treni che vivono tragedie simili, loro malgrado.
«Un macchinista impegnato a condurre il treno che assiste a un gesto simile una o anche più volte può rimanere traumatizzato per tutta la vita - dichiara De leo, specialista in psichiatria - Questo riguarda tutti i livelli, da chi si occupa poi della pulizia a chi deve svolgere le prime operazioni, fino a chi deve riconoscere il corpo della vittima. Per la mia professione mi è capitato di seguire diversi macchinisti e quando avviene per la seconda volta, molti non ce la fanno più a mettersi alla guida di un treno. Qui dovrebbero subentrare strutture adatte e atte a garantire assistenza psicologica e rieducazione in questi soggetti, ma sappiamo che in Italia spesso non brilliamo per organizzazioni del genere».
Vanni Destro, invece, lavora in ferrovia da oltre trent'anni ed è molto attivo anche a livello sindacale, oltre ad essere un capotreno, in particolare sulle tratte emiliane. Nella sua carriera non sono mancati casi simili. «Ho avuto modo di assistere a quattro suicidi, tre da capotreno e una in presa diretta mentre ero in cabina con il macchinista - confessa Destro - È innegabile che pur dipendendo molto dal carattere delle persone, resti una cosa che ti segna. L'episodio peggiore mi è capitato a Bologna, con un signore anziano che si gettò sotto al treno. Il giorno dopo ricordo che mi sforzai di andare a lavoro. Sono sempre situazioni molto spiacevoli e spesso si deve ricorrere a supporti psicologici per affrontarle. Ho avuto colleghi che dopo alcuni episodi hanno deciso di cambiare lavoro, altri che non riuscivano proprio più a salire su un treno e hanno chiesto di essere trasferiti ad altri incarichi. Andando indietro nel tempo anche di questi aspetti si è parlato a livello sindacale per migliorare le condizioni di lavoro generali. L'ammodernamento del servizio ha portato con sé un modo diverso di affrontare il nostro impiego e in questo, sinceramente, abbiamo trovato riscontri positivi dal lato aziendale. Dal punto di vista del sostegno psicologico e per altre possibili criticità si è abbastanza al passo coi tempi».
Un trauma che riguarda non solo l'aspetto diretto dell'assistere. «Il mio lavoro consiste principalmente nello stare nei vagoni, ma in un periodo di riorganizzazione aziendale in cui c'era un solo macchinista, ho assistito al caso di suicidio. In incidenti del genere siamo comunque tenuti ad andare ad accertarci delle condizioni di circolazione per così dire; certo, ci si può astenere e attendere l'arrivo di soccorsi e personale di magistratura e polizia, ma deve comunque esserci il controllo del servizio e non è certo una cosa piacevole: devi convivere con sensazioni contrastanti».
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