Truffa del carburante, condomini al freddo

Truffa del carburante, condomini al freddo
Sabato 20 Novembre 2021, 05:01
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IL CASO
Contratti a rischio. Nel senso che in alcuni casi sono già partiti i lavori, mentre in altri gli accordi sarebbero stati appena firmati o da firmare a breve. Dietro la truffa dei carburanti scoperta dalla guardia di finanza e dall'agenzia dogane e monopoli con cinque persone agli arresti domiciliari, due depositi sequestrati a Magione e Città di Castello, sette società sequestrate e altrettanti prestanome indagati c'è un risvolto potenzialmente rischioso per diversi condomini cittadini.
Con i condomini che rischiano di rimanere al freddo. Il motivo? Presto detto. Alcune di queste società, alcune delle quali legate anche al sequestro di mercoledì, a fianco della questione legata al commercio di carburanti svolgono infatti anche attività edilizia rimanendo all'interno del settore energetico e cioè dunque attraverso l'installazzione o sostituzione di infissi o di sistemi di riscaldamento. Un mercato particolarmente redditizio, quello del risparmi o energetico, dal momento che ci sono in ballo decine e decine di milioni di euro con l'ecobonus 110 %.
Secondo quanto si apprende, diversi condomini attraverso i loro amministratori avrebbero firmato accordi proprio con alcune di queste società poste sotto sequestro. Dove i lavori sono iniziati, al momento si sarebbero bloccati. Mentre dove siamo alla firma degli accordi, c'è la paura che l'iter non possa essere portato a compimento. La problematica è infatti legata anche alla contiguità di alcuni partecipanti alla truffa con i clan della criminalità organizzata.
L'INDAGINE
Dalle risultanze delle investigazioni condotte dai militari del Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Perugia (diretti dal colonnello Antonella Casazza e coordinati sul campo dal tenente colonnello Michelangelo Tolino e dal maresciallo Teodoro Segneri) e dai funzionari dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli diretti da Pietro Altieri emerge un quadro inquietante. Al centro del quale c'è un noto imprenditore perugino del settore, c'è un pregiudicato calabrese « già sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, in quanto ritenuto contiguo ad una cosca di Ndrangheta il quale risulterebbe promotore ed organizzatore dell'associazione» dice il procuratore capo, Raffaele Cantone.
«Nell'ambito del contesto associativo, un ruolo importante è stato, altresì, rivestito da un pregiudicato campano, attualmente detenuto, già coinvolto in altre indagini riguardanti clan camorristici con interessi nel settore del commercio di prodotti petroliferi, nonché da un imprenditore siciliano emerso in precedenti contesti investigativi» continua ancora Cantone. Secondo la ricostruzione degli investigatori il prodotto petrolifero di provenienza «unionale» giungeva da un deposito costiero veneto alle società perugine, autorizzate ad operare come destinatari registrati, che consente di ricevere il prodotto in sospensione delle accise e dell'imposta sul valore aggiunto e di operare cessioni, senza applicazione dell'Iva, ma solo ad operatori commerciali in possesso di requisiti di affidabilità e dietro presentazione di polizze fideiussorie a garanzia del pagamento dell'imposta. Presso i depositi delle società umbre - è emerso dagli accertamenti -, il carburante veniva «nazionalizzato», assoggettato, cioè, ad accisa e, contestualmente, ceduto ad una serie di società «cartiere», senza addebito dell'Iva. Pur se le stesse - per la guardia di finanza e l'Agenzia delle dogane - erano «evidentemente» prive dei requisisti di affidabilità e a fronte di polizze fideiussorie risultate false. A loro volta, le società «cartiere» (scatole vuote fittiziamente interposte nelle transazioni commerciali) rivendevano il prodotto a clienti terzi con addebito dell'imposta, che - secondo l'accusa - veniva incassata ma non versata all'Erario.
Michele Milletti
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