Squali in pericolo di estinzione per colpa delle scatolette di cibo per cani e gatti: l'incredibile scoperta dei ricercatori

Un grande squalo bianco (immag archivio Remo Sabatini)
Un grande squalo bianco (immag archivio Remo Sabatini)
di Remo Sabatini
Sabato 5 Marzo 2022, 17:04 - Ultimo agg. 8 Marzo, 10:29
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Che gli squali, soprattutto negli ultimi tempi, non se la passino benissino è un dato ormai acclarato da tempo. Tanto che la maggior parte delle quasi 400 specie conosciute, negli ultimi 50 anni ha subito un declino che sfiora il 70%. Colpa della ricerca di pinne e della pesca intensiva che sta svuotando tutti i mari del pianeta. Ma da qui a finire triturati nelle scatolette di cibo per cani e gatti, ce ne vuole. E invece è proprio quello che hanno scoperto due ricercatori dello Yale-NUS College, Ben Wainwright e Ian French che, a Singapore, a proposito degli ingredienti del cibo di cani e gatti, hanno deciso di vederci chiaro. E più chiaro di così, si muore. Esattamente come è toccato a tutta una serie di specie di squali, trovati dentro le simpatiche confezioni destinate a Fido e Silvestro.

"La stragrande maggioranza di proprietari di cani e gatti, hanno spiegato i ricercatori su Frontiers, l'autorevole pagina web che si occupa di divulgazione scientifica che ha pubblicato lo studio, sono grandi amanti degli animali.

Proprio per questo, hanno sottolineato, se sapessero che acquistando determinate confezioni di cibo per animali stanno inconsapevolmente contribuendo alla scomparsa degli squali, si allarmerebbero".

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Già, ma come hanno fatto a trovare carne di  squalo dentro le scatolette? La tecnica utilizzata è stata quella del DNA barcoding, la complessa metodica molecolare sviluppata per identificare entità biologiche, che siano piante o animali, basata sull'analisi delle variabilità di un marcatore molecolare che consente di trovare la corrispondenza, utilizzando una piccola sequenza di DNA. I ricercatori, quindi, hanno così testato 45 tipi di cibo per animali di 16 marche diverse. Molte di queste, etichettate in maniera generica con indicazioni quali "fish" (pesce) "ocean fish" (pesce oceanico) o "white fish".

Molto generiche anche le diciture riportate negli ingredienti dove, al massimo, era stata indicata la presenza di carne di tonno o salmone. Tutto qui. Così, decisi a scoprire la realtà del contenuto delle scatolette, lo studio era iniziato e i risultati, come anticipato, sarebbero stati sbalorditivi. Dei 144 campioni sequenziali, infatti, ben 45, circa un terzo, contenevano DNA di squalo. Ma non sarebbe finita qui. Sì perché alcune delle specie di squalo trovate, sono presenti nella Lista rossa del IUCN (International Union for Conservation of Nature) dove sono classificate come "vulnerabili". Come lo squalo seta (Carcharinus falciformi) e il pinna bianca del reef (Triaenodon obesus) o super cacciati come la verdesca (Prionace glauca) il tigre della sabbia (Carcharias taurus) l'Hemigaleus microstoma e il Rhizoprionodon porosus.

Come sono finiti nel cibo per cani? Tra le ipotesi avanzate dagli studiosi quella che vede la carne provenire da carcasse precedentemente mutilate delle pinne. La carne di squalo, infatti, ha un valore molto più basso delle pinne che invece vengono vendute a peso d'oro nei mercati orientali e non solo. Come salvare gli squali dalle bocche famelici dei nostri amici a quattro zampe? "Etichette più accurate ed una maggiore attenzione da parte del consumatore, hanno concluso gli autori dello studio, certamente potrebbero aiutare a salvare questi predatori ed insieme la biodiversità del pianeta blu".

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