Ci sono prove difficili e altre che sembrano impossibili da superare. «È quando ti diagnosticano una malattia neurodegenerativa cronica. Quando per mesi non sei più in grado di camminare e piangi dal dolore nel tornare a muovere i primi passi», racconta Cristina Nuti. Parlare dei suoi dolori non le piace, preferisce gustarsi le vittorie e l'ultima è un record: è la prima atleta in Italia (e probabilmente al mondo, statistiche non ne esistono) affetta da sclerosi multipla a tagliare il traguardo in una gara di Ironman. Il 3 luglio, a Klagenfurt, ha nuotato nel lago per 3,8 chilometri, pedalato per 180 chilometri e corso una maratona (42,195 chilometri). Più che una disciplina sportiva è un supplizio, per lei un'occasione di fare i conti con quello che le vita le ha tolto e le ha dato: «Ho realizzato un sogno e adesso riparto con una consapevolezza in più. A Klagenfurt ho voluto portare il mio messaggio».
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DISCIPLINA
Cinquant'anni, milanese, una laurea allo Iulm e una all'Università degli Studi di Bergamo, un lavoro nel marketing di una multinazionale a cui aggiunge l'impegno in campo sociale, Cristina Nuti entra nella storia del triathlon con spirito di sfida. «Ho impiegato 14 ore e 39 minuti, contavo di metterci un po' meno ma per me equivale a una vittoria. È il risultato di impegno, disciplina, metodo e tanta forza di volontà», dice. E infatti anche ieri mattina si allenava in bici, «da gennaio ho saltato solo due giorni e mi sembrava un sogno, mi stavo quasi abituando». Nel 2008 le è stata diagnosticata la sclerosi multipla, da allora affronta una malattia «carogna», come la definisce lei, «difficile da identificare e gestire, un giorno ti senti un leone e quello dopo un budino». La sua passione per lo sport è nata per caso, con un po' di corsa nel 2016 «per affrontare un momento complicato, cambio di casa e di lavoro», un anno dopo ha partecipato alla sua prima maratona e non si è più fermata. Ne ha fatte nove in due anni e nel 2018 «ho deciso di alzare un po' l'asticella: vedevo i miei amici impegnati nel triathlon e la mia patologia trae benefici da questo tipo di allenamento, perché sollecita muscoli diversi».
La svolta è arrivata con Obiettivo3, l'associazione sportiva di Alex Zanardi per la quale è tesserata. «Mi ha chiamato Pierino Dainese, il team manager. Mi ha detto: Cristina vieni a Padova, facciamo un raduno, c'è anche Alex. L'ho conosciuto lì ed è stato un segno del destino». È stato Zanardi, ex pilota campione paralimpico sopravvissuto a un devastante incidente con la sua handbike nel 2020, a dare a Cristina la spinta che le serviva: «Mi ha insegnato a guardare oltre. È necessario spostare il focus dalla propria situazione e sentirsi vivi. In questo modo, ripeteva, quando torni a casa i tuoi problemi sono uguali ma li osservi con occhiali diversi».
Con questo viatico Cristina Nuti è arrivata fino a Klagenfurt e non nasconde di avere avuto un po' di paura. «Temevo l'incertezza delle mie condizioni, anche i professionisti possono avere malori, figuriamoci io.