Maria Dolores Colleoni, moglie di Antonio Panzeri, l’ex eurodeputato in carcere a Bruxelles nell’inchiesta Qatargate, può essere consegnata alle autorità belghe. Dopo cinque ore di camera di consiglio la Corte d’Appello di Brescia ha dato il via libera, accogliendo la richiesta contenuta nel Mandato di arresto europeo. La donna è stata fermata dai carabinieri il 9 dicembre, così come la figlia Silvia, e per entrambe le ipotesi di reato sono le stesse di Panzeri: associazione a delinquere, corruzione, riciclaggio. Pena massima prevista per le due donne, calcola il giudice istruttore Michel Claise comunque premettendo la presunzione di innocenza: cinque anni di reclusione. Durante l’udienza Maria Dolores Colleoni, che ha atteso la decisione nella gabbia degli imputati, ha reso dichiarazioni spontanee, oltre a entrare nel merito delle accuse circa soldi e viaggi elargiti alla presunta «organizzazione criminale» della quale farebbe parte si è opposta alla richiesta di trasferimento. I difensori della donna, gli avvocati Angelo De Riso e Nicola Colli, hanno depositato una memoria, sostenendo inoltre che la consegna al Belgio costituirebbe una violazione dei diritti umani: «La misura cautelare a Bruxelles sarebbe in carcere, maggiormente afflittiva rispetto ai domiciliari stabiliti dal giudice in Italia».
Qatargate, le intercettazioni
Pierantonio Panzeri, si legge nel mandato di arresto, «è sospettato di essere intervenuto politicamente con alcuni membri operativi del parlamento europeo a favore del Qatar e del Marocco, dietro compenso».
Gli intrallazzi
Il mandato del giudice istruttore belga prende poi in esame le questioni bancarie. Dalle intercettazioni emerge come Maria Dolores Colleoni abbia detto al marito «di non essere d’accordo che sul suo conto corrente venissero addebitati 35 mila euro». Gli consiglia poi di «aprire un conto bancario in Belgio e apparentemente insiste di non volere che lui facesse qualsiasi operazione senza che lei potesse controllarlo». Suggerisce poi al consorte di aprire un conto con «partiva Iva, il che suggerisce che Panzeri avrebbe potuto cominciare una nuova attività commerciale soggetta a Iva». La coppia, per le proprie spese, avrebbe attinto anche da una carta di credito intestata a un’altra persona: è il fantomatico «géant», il gigante, è cioè l’ambasciatore marocchino Abderrahim Atmounal. Secondo il giudice istruttore anche questa costituirebbe una prova del presunto sistema corruttivo al quale avrebbero partecipato anche moglie e figlia. Proprio la Colleoni, «per riferirsi ai viaggi e agli affari del marito, usava la parola “combine”», intrallazzo. Il termine, si legge nell’atto, «è negativa e suggerisce» che Panzeri «usasse dei metodi ingegnosi e spesso scorretti per raggiungere i suoi scopi». Domani nuova udienza, i giudici si pronunceranno sulla richiesta di estradizione per Silvia Panzeri.