Morta Monica Vitti, Paola Cortellesi: «Ha insegnato alle donne a non porsi mai limiti»

Il ricordo dell'attrice: "Io erede? Non permetto nemmeno di pensarlo"

Morta Monica Vitti, Paola Cortellesi: «Ha insegnato alle donne a non porsi mai limiti»
Morta Monica Vitti, Paola Cortellesi: «Ha insegnato alle donne a non porsi mai limiti»
di Gloria Satta
Giovedì 3 Febbraio 2022, 06:14 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 02:35
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Bella, ricca di talento, ironica e autoironica: Paola Cortellesi, 48 anni, da molti viene considerata l'erede naturale di Monica Vitti. Non a caso l'attrice romana è la regina della commedia capace di portare al cinema grandi e piccini e assicurare incassi record ai suoi film, un esempio per tutti il cult Come un gatto in tangenziale.

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Lei si sente l'erede di Monica Vitti?
«No, non mi permetto nemmeno di pensarlo. Lei è stata unica. E ha fatto da apripista alle attrici che sono venute dopo. È stata rivoluzionaria».
Perché?
«Innanzitutto, affermandosi accanto ai colonnelli della commedia Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, ha dimostrato per prima che anche un'attrice poteva essere una mattatrice al pari dei maschi. Inoltre, ha giocato con l'ironia senza aver paura di mischiare la propria bellezza al ridicolo. Sfatando così un equivoco».
Quale?
«All'epoca si credeva che una donna seducente non potesse far ridere. Monica invece è stata un'attrice comica senza perdere la sua femminilità. E ha reso la sua bellezza democratica».
Che cosa intende?
«L'ha resa accessibile a tutti. Quando la vedi sullo schermo, diventa anche tua... i suoi personaggi ti fanno ridere, ma c'è sempre una malinconia di fondo, a volte la disperazione. Sia pure in chiave di commedia o addirittura nel registro caricaturale, ha sempre interpretato delle donne vere».
Quanto è stata importante Monica per lei?
«Non ho fatto in tempo a conoscerla, ma ha avuto un'influenza decisiva sulla mia vita. Sia come spettatrice, sia come attrice».
Guardandola sullo schermo, cosa ha imparato?
«I suoi personaggi mi hanno fatto scoprire un sentimento nuovo: il divertimento misto alla malinconia».

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E sul piano professionale?
«Monica mi ha insegnato che una brava attrice sa usare il doppio registro: la commedia e il dramma. E lei lo ha fatto magistralmente».
Cosa, secondo lei, l'ha spinta a rischiare la carriera passando dai film dell'incomunicabilità di Michelangelo Antonioni alle commedie popolari?
«Il suo istinto, il desiderio di cimentarsi con un genere nuovo. Tutti, nell'ambiente del cinema, sapevano che era una donna spiritosa ma lei si è messa in gioco trasferendo le sue doti personali nel lavoro. Ha avuto una grande forza, dettata dalla voglia di fare quello che sentiva per amore del pubblico. Per lei la risata era un atto di libertà».
Quali dei suoi film preferisce?
«Dramma della gelosia, La ragazza con la pistola, Polvere di stelle. Sono i miei film della vita, perché contengono tutto: la tragedia, l'ironia, il dolore, la risata. Dramma della gelosia, in particolare, è un autentico capolavoro, anche dal punto di vista della sceneggiatura e della regia, in cui Monica interpreta l'oggetto del desiderio: contesa tra Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini, è bella e nello stesso tempo buffa. Strepitosa. Il suo personaggio crea empatia con il pubblico ed è sempre credibile».
E dei film drammatici della prima fase della sua carriera ce n'è uno che ama particolarmente?
«L'avventura. Monica mi ha conquistata facendomi ridere, ma in questo film di Antonioni è bellissima e magnetica senza essere inaccessibile o lontana».
Se non c'è una sua erede, qual è il patrimonio che Vitti ha lasciato al cinema?
«La consapevolezza, un bene prezioso per noi attrici ma anche per i nostri colleghi uomini.

Ha fatto dei passi avanti non soltanto per sé stessa, ma a vantaggio di tutti. E non finiremo mai di ringraziarla».

 

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