Raffaella Carrà: rumore e paillettes, le lezioni di una star

Raffaella Carrà, rumore e paillettes, le lezioni di una star
Raffaella Carrà, rumore e paillettes, le lezioni di una star
di Ilaria Ravarino
Domenica 8 Maggio 2022, 09:13 - Ultimo agg. 16:00
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Prima regola: «Nessuno ha le caviglie troppo piccole». Che poi sarebbe il classico «Sii ciò che vuoi essere», già declinato dalle filosofie di Confucio, Paolo Coelho e Lady Gaga. Ma se a dirlo è una come Raffaella Carrà, quella regola delle caviglie piccole non è solo una massima di vita: è un comandamento. A metterne in fila dieci, come fossero tavole della legge, ci ha pensato lo scrittore veneto Paolo Armelli, 34 anni, che dal primo giugno porterà in libreria L'arte di essere Raffaella Carrà (Blackie Edizioni): un volume che ripercorre in dieci capitoli, ciascuno dedicato a un preciso principio, la vita, le opere e il pensiero della star italiana definita, dal prestigioso The Guardian, l'icona che insegnò all'Europa le gioie del sesso.

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Raffaella Carrà, il vuoto

«È passato quasi un anno dalla sua morte e Raffaella ha lasciato un vuoto nell'immaginario e nel cuore di tutti i suo fan», spiega Armelli, «questo libro nasce dall'idea di raccontarla a chi non l'ha vissuta, ai più giovani che non hanno incrociato la sua carriera.

Un esperimento transgenerazionale per portare il suo verbo dove non è ancora arrivato». Dei dieci comandamenti intervallati, nel libro, da interviste a persone che hanno conosciuto o amato Carrà, da Vanessa Incontrada a Vladimir Luxuria, dal deputato Alessandro Zan alla sua fotografa Marinetta Saglio Zaccaria - tre in particolare, secondo Armelli, parlano direttamente alla generazione Tik Tok. Uno è proprio il primo, quello delle caviglie, «un messaggio di body positivity ante litteram» che risale agli esordi della sua carriera, quando, a quattordici anni, Carrà ricevette dalla scuola di danza un giudizio apparentemente inappellabile: aveva le caviglie «troppo piccole» per ballare, e non sarebbe mai potuta diventare una danzatrice classica professionista. Sarebbe diventata molto altro, naturalmente: coreografa e ballerina, attrice e soubrette del sabato sera (Canzonissima, Milleluci, Fantastico), pop star da milioni di dischi, conduttrice in Italia e in Spagna, in Fininvest e in Rai. Sempre sulla cresta dell'onda e sempre capace di proteggere la propria privacy. «L'altro comandamento molto adatto a quest'epoca è il decimo, Il rumore va bene finché lo decidi tu. Lei era una figura pubblica, ma su certe cose non faceva penetrare nessuno. Insegna molto ai ragazzi che oggi sui social dicono qualsiasi cosa, esponendosi».

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Gli amori

Amata dai bambini ma mai diventata madre, due amori indimenticabili (Gianni Boncompagni e Sergio Japino), un grande dolore nel privato (la morte del fratello Renzo, a 56 anni, per tumore) e una vita spesa davanti alle telecamere, a dieci mesi dalla sua scomparsa Raffaella Carrà continua a fornire materiale narrativo all'immaginario pop: oltre al libro di Armelli anche uno spettacolo teatrale (Fiesta di Fabio Canino), un film (Ballo Ballo di Nacho Alvarez) e un musical in preparazione, oltre a due progetti una fiction prodotta dal Gruppo Lucisano, una docuserie di Wildisde entrambi in dirittura di arrivo. «Forse avremmo dovuto parlarne di più quando era ancora con noi. Le commemorazioni ufficiali in Italia sono mancate, non le abbiamo reso veramente omaggio, come invece è successo in Spagna. A Madrid le hanno dedicato una piazza, da noi ancora non sono riusciti a intestarle degli studi». Per Carrà, come ricorda Armelli nel libro, l'estero non fu mai un piano B ed Ettore Bernabei, direttore generale Rai negli anni in cui la sua carriera prendeva il volo, lo aveva capito benissimo. «Lei è come la Ferrari», disse, «la esporteremo in tutto il mondo». Amata in Italia, in Spagna e nel mondo latino americano, Carrà fu l'unica diva «apprezzata compiutamente a livello internazionale prima di Laura Pausini», dice Armelli. Pausini che non a caso adesso, prima di salire sul palo dell'Eurovision di Torino, «ricorda commossa a tutti quanto Carrà sarebbe stata perfetta in quel ruolo. Nel 2011, quando la Rai si decise tornare all'Eurovision con Raphael Gualazzi, chiamò a condurre la telecronaca proprio lei».

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Il pubblico

Amata dalla comunità LGBTQ «suo malgrado», diceva, non avendo fatto nulla per meritarsi tanta adorazione («Sulla tomba lascerò scritto: Perché sono piaciuta tanto ai gay?»), Carrà disse di aver cominciato a capire quel mondo dalla prima Canzonissima, «quando ricevevo lettere di ragazzi disperati disse in un'intervista - per le incomprensioni con la famiglia, pronti a uccidersi». Per questo, spiega ancora Armelli, alla generazione fluida dei millennials ben si adatta il sesto comandamento, Fai l'amore con chi hai voglia tu, «perché lei fu la liberazione sessuale incarnata». Pioniera dell'approccio positivo al sesso, la cosiddetta Sex positivity (Terzo: Un nuovo taglio di capelli risolve tutto) e della autodeterminazione femminile (Quarto: Sei molto più del tuo ombelico) Carrà ha sempre promosso nei suoi brani, dal Tuca Tuca a A far l'amore comincia tu, da Rumore a Tanti auguri, l'idea della donna come promotrice dell'approccio erotico, dalla forte carica sessuale, che prende l'iniziativa e vivifica un rapporto altrimenti sterile. «Oggi è facile fare l'agiografia di Carrà, parlandone soltanto in positivo. È ovvio che aveva anche dei difetti, che negli anni ha affrontato difficoltà, critiche e polemiche. Ma resta un personaggio che non conosce tempo. Tra i suoi talenti c'era quello di parlare a chiunque, dal pubblico familiare di Rai 1 a quello dei talent come The Voice. Le sue hit hanno scalato le vette delle classifiche, ma sono ballate in discoteca ancora oggi. Arrivava ovunque, era una star ma era capace di lottare per le cause sociali». Umana, insomma. Anzi no: divina.

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