Seid Visin morto, Donnarumma: «Abbiamo vissuto insieme, non dimentico il suo sorriso»

L'addio di Donnarumma a Seid Visin: «Vivevamo insieme, non dimentico il suo sorriso»
L'addio di Donnarumma a Seid Visin: «Vivevamo insieme, non dimentico il suo sorriso»
Sabato 5 Giugno 2021, 15:08 - Ultimo agg. 15:15
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Hanno condiviso il convitto nei primi anni di Milan. E qualche volta hanno anche dormito insieme. Per questo la morte di Seid Visin, giocatore 20enne passato nelle giovanili rossonere che si è tolto la vita lasciando una lettera colma di disagio a causa delle offese per il colore della sua pelle, non ha lasciato indifferente Donnarumma. «L'ho conosciuto appena arrivato a Milano, vivevamo insieme in convitto, sono passati alcuni anni ma non posso e non voglio dimenticare quel suo sorriso incredibile, quella sua gioia di vivere - ha raccontato all'Ansa -. Era un amico, un ragazzo come me». Insieme hanno cercato di raggiungere il sogno di arrivare il Serie A, un desiderio conquistato solo dal portiere della Nazionale, di due anni più grande di lui. Perché Visin da qualche tempo aveva lasciato il calcio, dopo esser passato dal Milan ma anche dal Benevento. 

Seid Visin, ex Milan, suicida a 20 anni: «Sento gli sguardi schifati per il colore della mia pelle»

Cosa è successo - Nato in Etiopia, ma adottato da una famiglia di Nocera Inferiore, il giovanissimo Visin si è tolto la vita in casa. «Sono stato adottato da piccolo - scriveva in una lettera scritta alla psicologa -. Ricordo che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, tutti si rivolgevano a me con gioia, rispetto e curiosità. Adesso sembra che si sia capovolto tutto. Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone. Ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone, specie anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche come responsabile perché molti giovani italiani non trovassero lavoro. Dentro di me è cambiato qualcosa.

Come se mi vergognassi di essere nero, come se avessi paura di essere scambiato per un immigrato, come se dovessi dimostrare alle persone, che non mi conoscevano, che ero come loro, che ero italiano, bianco».

 

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